Cultura, Legalità e Solidarietà non sono mere esercitazioni dialettiche

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solidarieta-cultura-legalita vincenzo capocasalea cura di Vincenzo Capocasale/

Per esaminare al meglio questi tre temi che sono – a ben guardare – tra loro strettamente collegati, è necessario fare un opportuno riferimento all’attuale realtà calabrese. La Calabria appare caratterizzata – e oggi particolarmente – dalla presenza incombente della criminalità la quale pone la nostra regione in una condizione di evidente svantaggio rispetto a quelle sane prospettive di crescita morale, culturale, lavorativa ed economica che, in particolare i giovani, vedono maggiormente offese e frenate. A mio giudizio la crisi che oggi investe il nostro Paese in generale e la nostra regione in particolare deriva non solo dalla depressione economica, ma anche da una grave crisi etica e morale. Ciò premesso, mi piace citare un autore che ha formato la mia giovinezza, don Lorenzo Milani, il quale affermava: “non posso dire ai miei ragazzi che l’unico modo di amare la Legge è di obbedirle, posso solo dire loro che dovranno tenere in tale onore le leggi da osservarle quando sono giuste – cioè quando esse sono la forza del debolema quando invece vedranno che esse non sono giuste – cioè quando sanciscono il sopruso del più forte – essi dovranno battersi perché siano cambiate!”.
Queste parole, che scavarono profondamente nella mia coscienza, mi fecero intendere che la Legalità è un mezzo e che non è mai un fine, poiché il fine ultimo non può che essere quello della Giustizia Sociale. Restando sempre in tema di Legalità occorre altresì interrogarsi sul problema dell’Uguaglianza, perché una legalità senza l’uguaglianza dei diritti e dei doveri dei Cittadini di fronte alla Legge minerebbe le basi stesse del legame sociale e finirebbe per accentuare le distanze culturali ed economiche.
Ne deriva che l’uguaglianza è il fondamento della Legge e che non può essere viceversa, perché la Legge – che in ogni caso viene sempre dopo le “persone” – deve essere per tutte le persone, affinché tutte – ma proprio tutte – ne facciano la voce della propria Coscienza.
Ed è soprattutto come cattolico impegnato nel mondo del volontariato che sento di dover ribadire l’invito verso un impegno quanto più condiviso al fine di realizzare uno stretto rapporto fra le Istituzioni e la Comunità Sociale, la quale oggi – e non solo in Calabria – appare largamente sfiduciata di fronte al malaffare, le ingiustizie, non ultima, di fronte ad una politica che – perso il gusto del servizio – è priva di quella sana progettualità che – partendo da situazioni di fatto – negli obiettivi da perseguire si faccia guidare dai valori fondanti della nostra Cultura, nei quali Chiese e Politica si sono sempre incontrati.
In tema di legalità e di cultura occorre avere la consapevolezza che educare alla legalità deve significare anzitutto elaborazione e diffusione della conoscenza dei diritti civili; una cultura cioè che intenda il diritto come l’espressione di un patto sociale, indispensabile per costruire relazioni consapevolmente sane tra cittadini e tra questi e le istituzioni, aiutandoli a comprendere che l’organizzazione della vita sociale e personale si fonda su un sistema di relazioni giuridiche. In questo sistema complesso di relazioni giuridiche si sviluppa, forte, la coscienza che condizioni quali libertà, dignità, solidarietà e sicurezza non debbano considerarsi come acquisite per sempre, ma che devono essere fortemente perseguite e volute e, una volta acquisite, difese e protette.

Questo rispetto delle Leggi non deve però comportare un atteggiamento passivo o acritico ma – come ancora diceva don Milani – poiché nasce dal convincimento che – se ingiuste o non più rispondenti alle esigenze del particolare momento storico – “regole, norme e leggi possono, anzi devono, essere modificate”.
Il “principio della legalità”, nato dalla Rivoluzione Francese, afferma che tutti gli organi dello Stato sono tenuti ad osservare la legge, ma sottolinea altresì che il potere non debba mai essere esercitato in maniera arbitraria o discrezionale. Ricordato ciò, mi preme, – come cattolico – mettere in risalto che non potrà mai esserci sviluppo sostenibile, solidale e giusto se in Calabria non verranno sconfitte le “mafie”, le “ndrine” e le “fratellanze comunque intese, nonché la corruzione e l’illegalità, poiché solamente la Legalità – intesa nel superiore e autentico significato del termine – può davvero generare e sviluppo.
Si rende così necessaria una politica nuova e un modo di farla del tutto rinnovato; soprattutto una politica giovane che voglia davvero creare le basi per un efficiente “politica del fare”; una politica grazie alla quale potranno essere apprezzate idee, programmi e progetti volti davvero al superiore bene comune non solo al bene di pochi fortunati…
Insomma idee, progetti, programmi, uomini, capaci di sovvertire le sorti della nostra regione alla quale il principio della Legalità sembra essere stato negato – o quanto meno – sottratto!

Occorre che venga valorizzata il più possibile la progettualità imprenditoriale di quanti possono contribuire allo sviluppo di nuove economie e alla creazione di nuovi posti di lavoro. In particolare il settore dei beni culturali ha riscontrato nella nostra regione una sorta di “anti-politica di sviluppo” che ha portato all’abbandono della Calabria da parte delle migliori risorse umane, le quali sono migrate verso lidi più ospitali, perché non ci può più essere nulla di più frustrante di uno slancio ideale ostacolato o avvilito per la mancanza di opportunità.
Ritengo perciò di dovere sottolineare che ogni politica regionale e ogni politica cittadina debba mirare alla costruzione di risorse materiali, sociali e culturali per le nuove generazioni. I giovani, infatti, sono il nostro presente non sono il nostro futuro, per come spesso si dice e per come tanti se ne riempiono le bocche;  ed è questo fermo richiamo che i cittadini devono rivolgere a tutte le forze politiche, a quelle di governo e a quelle di opposizione, richiamandole con fermezza a voler porre particolare attenzione alle condizioni del mondo giovanile.
Tutta la nostra Calabria, la nostra stessa città, è una terra con enormi contraddizioni: da una parte giovani preparati, colti e dotati di energie brillanti e dall’altra parte politici e istituzioni troppo spesso sciaguratamente ottusi e ignoranti che ne mortificano slanci e aspirazioni ideali.
Si sente così il bisogno di una sorta di rivoluzione culturale che vede in prima fila come protagonisti solo qui politici che sul “nostro” territorio regionale lottino davvero per il diffondersi e per il successo di una cultura di qualità, tenendo bene a mente i principi dell’arte di far politica in maniera sana e onesta. Una rivoluzione culturale siffatta, condotta da uomini nuovi sarebbe in grado di far sì che la Calabria non fosse – per come è stato detto – “il Sud del Sud”, anche perché – così come diceva il magistrato Nino Caponnetto – “la mafia e l’illegalità in genere temono più la scuola che la giustizia, perché è l’istruzione che taglia l’erba sotto i piedi della cultura mafiosa“.

La cultura oltretutto è un motore che sveglia le coscienze; pertanto educare e praticare una cultura della legalità deve significare spogliarsi di ogni ruolo, svestirsi di orpelli sciagurati di potere, per incontrarsi davvero – politici e semplici cittadini – al di fuori degli schemi soliti o dei percorsi già battuti o privilegiati, ma soprattutto dalle scorciatoie di comodo fino a qui praticate dai vari clan.
Se “cultura”, “legalità”, “solidarietà” non sono mere esercitazioni dialettiche, questi termini implicano il coinvolgimento in un comune processo, nel quale non sono ammesse comode distanze di sicurezza o raffinate tecniche di esercitazione del potere studiate a tavolino; perché è “insieme” che ci si educa, è “insieme” che si stabiliscono le regole, è “insieme” che si assumono le responsabilità. “Insieme” è dunque la parola chiave dell’educare alla legalità, alla cultura e alla solidarietà;  una parola insomma che tutti noi dobbiamo avere ben presente. È però importante puntare sulla responsabilità personale, facendo comprendere ai giovani – “noi” più avanti negli anni – che il modo più grande di realizzarsi è quello di impegnare la propria libertà per un fine più alto. Non solo questo; è, ancora, far capire ai giovani e non solo a loro, che la “responsabilità” significa condurre una vita libera da calcoli di comodo, da paure e da viltà bene orchestrate;  una vita insomma dove sia davvero possibile costruire una strada sulla quale far correre i propri sogni. E poiché i cambiamenti, anche i più grandi, possono avere inizio pure da piccole cose, è necessario, anche per noi, che questi cambiamenti partano dall’impegno quotidiano, dalla coerenza personale, dalla fedeltà ai propri principi ideali e, per primi, dai propri principi cristiani che di quelli ne sono la storica scaturigine.  Perché, come bene diceva Rosario Livatino, il giovane magistrato siciliano ucciso dalla mafia, “alla fine della vita non ci sarà chiesto se siamo stati credenti ma se siamo stati credibili“.

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