Giubileo per l’apparizione di Maria: l’esempio vocazionale somasco vicino agli orfani

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Giubileo per l'apparizione di Maria
Giubileo per l'apparizione di Maria

La Congregazione dei Padri Somaschi ha celebrato l’anno giubilare (settembre 2011-2012) per ricordare e rivivere la prodigiosa liberazione dalla prigionia di San Girolamo Emiliani per l’intervento della Vergine, invocata sotto il titolo della Madonna Grande di Treviso. E’ un avvenimento nel quale la congregazione somasca, che prese avvio una ventina di anni dopo, ha sempre visto in germe i suoi inizi, la tenerezza di Maria per gli orfani e abbandonati infusa nel cuore di Girolamo, la benedizione celeste sul proprio carisma e sulla propria missione.

Un anno giubilare che si conclude con delle coordinate importanti, anche per il movimento laico a sostegno delle vocazioni sacerdotali Serra International, nel mondo e in Italia, da poco insignito della Carta della Pace dalla Fondazione Paolo di Tarso, che ha ricordato l’esempio vocazionale di un Frate somasco Padre Pio Bianchini nel libro serrano “Gocce di Sorgente” consultabile in www.serraclubitalia.it  e che in particolare ha celebrato proprio nello stesso anno, il 2011, i sessanta anni di aggregazione di Serra International alla PovsPontificia Opera per le Vocazioni Sacerdotali. La Istituzione Pontificia Povs, a sua volta ha festeggiato i settanta anni della sua nascita nel 2011. Percorsi vocazionali sacerdotali e laici che si intrecciano in Maria e si sostengono vicendevolmente, al servizio di Maria e della Madre Chiesa.

La frase che ha caratterizzato il quinto centenario dell’apparizione della Beata Vergine Maria a san Girolamo Emiliani fondatore dell’Ordine dei Chierici regolari di Somasca è quella che pronunciò lo stesso San Girolamo “Dirupisti vincula mea“.

Per ripercorrere il germe della vocazione somasca ricordiamo il fatto dell’apparizione della Vergine Maria a Girolamo Emiliani da un articolo tratto dall’Osservatore Romano a firma di P. Oddone crs :

“Il fatto richiede una breve inquadratura storica: un piccolo episodio di quella lunga, spietata guerra che la Repubblica di Venezia, all’apice della sua potenza, sostenne contro tutte le potenze d’Europa dal 1508 (lega di Cambrai) al 1516 (pace di Noyon). La classe aristocratica veneziana dimostrò una straordinaria capacità di reazione e un sentito patriottismo: tra queste famiglie vi è quella degli Emiliani o Miani. I quattro fratelli — Luca, Carlo, Marco, Girolamo — furono coinvolti in rischiosissime operazioni militari. Luca, il primogenito, per il suo eroismo ottenne la castellania di un forte, Castelnuovo di Quero, con l’impegno di farsi sostituire da uno dei fratelli. Toccò proprio a Girolamo, allora venticinquenne, prende- re il suo posto. Nella primavera del 1511, rafforzò la fortificazione e si accordò con i capi militari locali per la guarnigione dei soldati. Gli avvenimenti incalzavano: il generale francese La Palisse inviò il capitano di ventura greco-albanese Mercurio Bua a occupare il castello. Accerchiato, abbandonato dai capi militari che dovevano difenderlo, il castello fu conquistato nonostante l’eroismo di Girolamo e dei cinquanta difensori. Tutti furono uccisi eccetto Girolamo Miani e due capitani bellunesi.

Per Girolamo iniziò un durissimo periodo di prigionia, impedito da ogni velleità di fuga da manette, ceppi ai piedi, con una pesante palla di marmo fissata al collo da una catena. Nella notte tra il 27 e il 28 settembre riuscì a fuggire e a raggiungere Treviso. Il quarto Libro dei miracoli della Madonna Grande di Treviso, un bel codice cinquecentesco, descrive l’avvenimento riprendendo quanto Girolamo stesso ha raccontato. E il racconto si snoda dalla sua prospettiva interiore. Si tratta dell’esperienza soprannaturale dell’incontro con Maria, dopo tanti eventi che acquistano l’uno dopo l’altro un valore provvidenziale e salvifico. Poi l’irruzione della grazia: il ricordo della Madonna dei miracoli di Treviso, l’apertura del cuore nell’umiltà, la preghiera a Maria, il voto per sfuggire a questa angosciosa morsa della prigionia e della prostrazione fisica e morale. Scatta l’evento salvifico: Maria gli appare una prima volta nella luce, vestita di bianco, gli porge le chiavi dei ceppi e della torre, gli dà un ordine preciso: fuggi via! Girolamo si ritrova libero nella notte, in mezzo all’accampamento nemico e non sa la via di Treviso. Segue un altro momento di panico per il timore di non uscirne vivo; sgorga nuovamente la preghiera e segue una seconda apparizione di Maria, con la sensazione tattile di essere preso per ma- no, di essere guidato da lei in mezzo alle schiere nemiche fino alla vi- sta delle mura della città. L’apparizione di Maria a Girolamo fu discussa e vagliata nei vari processi canonici per la beatificazione e riconosciuta autentica. Davvero un miracolo concreto e reale, carico di simboli religiosi per il passaggio dalle catene alla libertà, dalla disperazione alla fiducia, dal peccato alla grazia, dall’incertezza della via al raggiungimento della meta. Tutto per l’intercessione materna di Maria.

Dopo la pace di Noyon del 1516 il santuario venne restaurato e riaperto e Girolamo tornò per sciogliere davanti a tutti il suo voto. È probabile che si sia presentato in chiesa in abito da prigioniero con i ceppi alle mani e ai piedi e la palla di marmo appesa al collo e la chiave degli strumenti di prigionia. È certo che li depose come ex voto davanti all’icona di Maria. Narrò lui stesso all’incaricato della documentazione quanto gli era accaduto e commissionò una tavoletta votiva con annesso un testo che illustrasse il prodigio. Purtroppo la chiave e il terzo Libro dei miracoli, che conteneva la prima stesura, andarono distrutti nell’incendio del 1528. Nel 1531 vennero ritrascritti nel quarto Libro alcuni miracoli, avvenuti tra il 1508 ed 1515, che facevano parte del libro precedente. Sono conservati, oggi sull’altare della Madonna dei miracoli di Treviso, la palla di marmo, le manette, i ceppi dei piedi e una catena di dieci anelli. Una tradizione ininterrotta dal 1500 ci dice che sono quelli autentici: oggetto di una profonda venerazione, di meditazione e di consolazione per tanti fedeli, per i pellegrini, per i religiosi. Saranno le reliquie maggiormente venerate nel giubileo somasco.

Chi, come Girolamo, ha avuto il dono mistico di fare esperienza di Maria, di vederne il volto immerso nella luce, di sentirsi preso e con- dotto per mano, non può non conservare nella memoria un’intensa gioia spirituale e il sentimento di una continua presenza di Maria nella propria vita. Questa apparizione della Vergine impresse una profonda accelerazione al cammino di santità di Girolamo, che nel corso degli anni passò da una vita disorientata alla pietà e alla pratica cristiana, alla conversione profonda a Cristo crocifisso e a una severa ascesi, alle opere di carità fino all’abbandono del suo status sociale per vestirsi dell’abito dei poveri e servire i piccoli, gli abbandonati, gli emarginati.

Girolamo elaborò e visse una convinta spiritualità biblico-mariana, basata su alcune espressioni evangeliche. La prima è del Magnificat: «Cose grandi ha fatto in me l’Onnipotente» (Luca 1, 49). La seconda frase mariana è quella delle nozze di Cana: «Fate quello che egli vi dirà» (Giovanni 2, 5). Infine la terza espressione cara al santo è «Maria, piena di grazia» (Luca 1, 28). È questa una spiritualità mariana sempre attuale, anche se fortemente marcata dalla sensibilità rinascimentale di Girolamo, dalla sua idea che bisogna battersi sul campo di battaglia, stando saldi nella fede e nella via di Dio, impegnandosi energicamente con «la grazia di operare» a riformare se stessi, la società civile nel rispetto dei piccoli e degli emarginati, la Chiesa stessa.”

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