Chi sono i tre nuovi Santi canonizzati da Papa Francesco

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Papa Francesco nel tempo pasquale 2013, alle soglie della Pentecoste, ha proclamato tre nuovi Santi. Vediamo chi sono.
Chi è Antonio Primaldo. Correva l’anno 1480. Maometto II, sultano dei Turchi, aveva conquistato Costantinopoli (1453), causando la caduta dell’Impero Romano d’Oriente. Poiché gli Stati europei, badando ciascuno ai propri interessi, non raccolsero l’invito di Sisto V a formare una lega militare da contrapporre ai musulmani, il sultano si sentì invogliato a conquistare l’Italia meridionale. Il pascià Ghedik Ahmed esegui i suoi ordini: con una flotta di 145 navi e 18 mila uomini, assediò Otranto per mare e per terra. Ahmed intimò la resa: se la città avesse aperto le porte, gli abitanti avrebbero avuto salva la vita.

I capitani Francesco Zurlo e Giovanni Antonio de’ Falconi risposero negativamente e – per dimostrare la loro decisione – gettarono simbolicamente in mare le chiavi della città. Otranto fu bombardata per dodici giorni, dalla terra e dal mare. Le porte della città resistettero, meno una porticina secondaria nella parte inferiore del castello. Qui trovarono la morte i due capitani e da qui le orde musulmane irruppero in città il 10 agosto 1480. Massacrarono tutti coloro che avevano creduto di trovar riparo nella chiesa, dal vescovo all’ultimo fedele; ridussero in schiavitù le donne giovani e trasformarono la chiesa in moschea. Catturarono 812 uomini che, alcuni giorni dopo, furono condotti sul colle della Minerva (così detto per un antico tempio pagano). Qui Ahmed impose loro di rinnegare il Cristianesimo per convertirsi all’Islam.

Antonio Pezzullo, un semplice artigiano, esortò i suoi concittadini a non cedere. E tutti furono decapitati. Il primo a posare il capo sul ceppo fu proprio Pezzullo, e perciò fu denominato “Primaldo”. I resti mortali dei Martiri furono riposti in una cappella della cattedrale di Otranto – detta appunto “Cappella dei Martiri” – mentre sul colle della Minerva fu costruita la chiesa dedicata a Santa Maria dei Martiri. Il Papa Clemente VI (1478-1534) dichiarò beati coloro che avevano preferito morire piuttosto che rinnegare la propria fede. La memoria di questi Martiri ricorre il 12 agosto.

Fonte, Libero.it.

Per approfondimenti si consulti l’articolo di Fabio Gallo, “Papa Francesco: Santi 800 martiri di Otranto. Pochi, forse, ricordano il sangue di questi leggendari eroi della fede di Cristo”, da www.ilvaticanese.it.

 

Chi è Laura di Santa Caterina da Siena Montoya y Upegui. Nasce in un piccolo paese colombiano il 26 maggio 1874 e, dato che la mamma si rifiuta di vederla prima del battesimo, la battezzano quattro ore dopo la nascita, in tutta fretta. Talmente in fretta che a papà manca il tempo di concordare con la moglie il nome da darle. E’ il parroco a scegliere per lei il nome di Maria Laura di Gesù e al papà stupito, che obbietta di non sapere se esiste una “santa Laura”, sbrigativamente risponde che, in questo caso, la bambina avrebbe un motivo in più per farsi santa. Per il momento, però, la piccola Laura deve fare i conti con la sofferenza: non ha ancora tre anni quando suo papà muore assassinato, in quegli anni particolarmente sanguinosi della storia colombiana. Per sua fortuna ha accanto una mamma esemplarmente cristiana, che le insegna a perdonare e ogni giorno le fa recitare un “Padre nostro” per l’assassino di papà. La piccola orfana sente particolarmente “fame di affetto”, perché i nonni la accolgono, insieme alla mamma e alle sorelline, più per pietà che per amore. Non la mandano a scuola, perché la casa è troppo distante dal centro abitato ed è mamma ad insegnarle a leggere, scrivere e, soprattutto, ad amare Dio. Più grandicella, viene mandata in collegio e a sedici anni decide di diventare maestra. Studentessa-lavoratrice, per pagarsi gli studi va ad accudire gli ottanta malati del manicomio e ruba ore al sonno per studiare sui libri, presi in prestito dalla biblioteca magistrale. L’intelligenza prodigiosa di cui è dotata non solo le consente di superare brillantemente l’esame di ammissione, ma le permette anche di vincere una borsa di studio statale, grazie alla quale a 19 anni si diploma maestra. Prende con sé la mamma e per qualche anno va ad insegnare in varie scuole, giovane maestrina che non vuole soltanto insegnar nozioni ma anche trasmettere i valori cristiani. Laura, che sempre ha sentito l’attrattiva per la vita consacrata e più volte ha pensato di farsi carmelitana, viene sconsigliata a fare questo passo dai suoi stessi direttori spirituali: troppo irrequieta per un convento di clausura; troppo estroversa e dinamica per la vita contemplativa. Scopre la sua vocazione per puro caso, quando viene a conoscenza della situazione discriminata e misera in cui vivono gli indigeni colombiani. Pensare agli indios e decidere di fare qualcosa per la loro promozione umana e per la loro evangelizzazione è per lei un tutt’uno, ma non trova neppure una congregazione che voglia farsene carico. Soltanto un vescovo “sposa” la sua idea e dal niente nascono le “missionarie catechiste degli indios” che nel 1914 lasciano Medellin e raggiungono nella giungla gli indios catios. Insieme a Laura partono in quella prima spedizione la sua mamma, ormai settantenne, e alcune amiche, che abbinano all’eroismo un pizzico di follia e che dal nome della loro fondatrice, verranno poi conosciute come “Laurite”. Madre Laura, dopo aver rivoluzionato il concetto di missione con nuovi mezzi pedagogici e nuovi metodi di evangelizzazione, trascorre i suoi ultimi nove anni sulla sedia a rotelle, sempre missionaria con il cuore e, comunque, anima della sua congregazione. Muore il 21 ottobre 1949, quando le sue suore sono ormai quasi 500 e le novizie un centinaio, a servizio di 22 popoli indigeni. Negli anni questi numeri sono più che raddoppiati e la loro presenza è segnalata in 19 stati, mentre Madre Maria Laura Montoya Upeguì il 25 aprile 2004 è stata proclamata beata. E’ la prima donna colombiana ad essere beatificata, avverando così la profezia del suo sbrigativo ma illuminato parroco.

Fonte, Santi e Beati, Gianpiero Pettiti.

Chi è Maria Guadalupe Garcia Zavala. Fondatrice della Congregazione religiosa delle Serve di Santa Margherita Maria e dei Poveri, nacque a Zapopan, Jalisco, in Messico il 27 aprile 1878. Suoi genitori furono Fortino Garcia e Rifugio Zavala Garcia.

Don Fortino era commerciante, aveva un negozio di articoli religiosi di fronte alla Basilica di Nostra Signora di Zapopan, per questo la piccola Lupita faceva visita alla chiesa molto di frequente e fin da piccola dimostrò grande amore per i poveri e per le opere di carità.

Lupita aveva fama di essere una giovane molto carina e simpatica, pur tuttavia semplice e trasparente nei modi, amabile e servizievole con tutti. Fu fidanzata con Gustavo Arreola, e ormai promessa in matrimonio all’età di 23 anni, sentì la chiamata del Signore a consacrarsi alla vita religiosa con particolare attenzione verso i malati e i poveri.

Confidò questa sua inquietudine al suo direttore spirituale, Padre Cipriano Iñiguez, che a sua volta le disse di aver egli pure avuto l’ispirazione di fondare una Congregazione Religiosa per prendersi cura degli ammalati dell’Ospedale e la invitava a cominciare questo lavoro; fu così che entrambi fondarono la Congregazione religiosa delle “Serve di Santa Margherita Maria e dei Poveri.”

Madre Lupita fu infermiera, si inginocchiava perfino sul pavimento per occuparsi dei primi ammalati dell’ospedale, che all’inizio naturalmente era carente di molte cose, tuttavia in esso regnò sempre tenerezza e compassione, poiché ivi si provvedeva soprattutto alla cura spirituale degli ammalati.

Madre Lupita fu eletta Superiora Generale della Congregazione, carica che ricoprì tutta la vita, e sebbene provenisse da una famiglia di ceto agiato, seppe adattarsi con gioia ad una vita estremamente sobria ed insegnò alle Suore della Congregazione ad amare la povertà per potersi dedicare meglio agli infermi. L’Ospedale attraversò un momento di grave difficoltà economica e Madre Lupita chiese il permesso al proprio direttore spirituale di poter mendicare per la strada, e ottenuta l’autorizzazione, lo fece con altre consorelle per vari anni finché riuscì a risolvere il problema del sostentamento dei malati.

Grave fu in Messico la situazione politico – religiosa a partire dal 1911, con la caduta del presidente Porfirio Diaz fino praticamente al 1936, perché la Chiesa fu perseguitata dai rivoluzionari Venustiano Carranza, Alvaro Obregòn, Pancho Villa e soprattutto Plutarco Elìas Calles nel periodo più sanguinoso dal 1926 al 1929.

Durante tale periodo di persecuzione contro la Chiesa cattolica in Messico, Madre Lupita rischiando la sua vita e quella delle sue compagne nascose all’interno dell’Ospedale alcuni sacerdoti ed anche l’Arcivescovo di Guadalajara, S.E. D. Francisco Orozco y Jimenez. Le suore inoltre davano da mangiare e curavano gli stessi soldati persecutori feriti; questo fu uno dei motivi per cui i soldati accampati presso l’Ospedale non solo non infastidivano le suore ma difendevano esse ed i malati.

Durante la vita di Madre Lupita furono aperte 11 fondazioni nella Repubblica Messicana, e dopo la sua morte la Congregazione continuò a crescere; attualmente le Serve di Santa Margherita e dei Poveri contano 22 fondazioni in Messico, Perù Islanda, Grecia e Italia.

Il 13 ottobre 1961 l’intera Congregazione delle Serve di Santa Margherita e dei Poveri festeggiarono il giubileo di diamante di Madre Lupita, cioè, i 60 anni di vita religiosa dell’amata fondatrice; tuttavia ella, che aveva 83 anni, soffriva di una dolorosa malattia che dopo due anni la condusse alla morte.

Si addormentò nel Signore il 24 giugno 1963 a Guadalajara, Jalisco, Messico all’età di 85 anni, e da allora gode di una solida fama di santità.

Fu amata dai poveri e dai ricchi della città di Guadalajara e di altri luoghi dove la Congregazione aveva ospedali, questo è confermato anche dal fatto che quando si seppe della sua morte, moltissima gente si recò all’Ospedale per rendere omaggio per l’ultima volta ai suoi resti mortali e il giorno seguente quando furono celebrati i funerali grande fu la partecipazione perché già godeva di fama di santità.

Madre Lupita si presenta oggi come un degno esempio di vita di santità perché sia imitata non solo dalle Religiose da lei fondate, bensì da tutti i fedeli grazie alla pratica costante ed eroica delle virtù evangeliche che esercitò tutta la vita, e soprattutto alla dedizione incondizionata al servizio di Dio nei fratelli, specialmente nei poveri e in quelli che soffrono ogni tipo di infermità.

Fonte. Vatican.va.

Si riportano volutamente fonti laiche e religiose per testimoniare come la santità appartenga alle persone normali, uomini e donne con una vocazione, esempi di coerenza, ove il sacrificio di sé per gli altri e per Dio, concetto intimamente reciproco, sia un valore riconosciuto da tutti indistintamente. In questo incontro si ricorda anche colui del quale si è persa memoria del volto, riconoscibile nella fisionomia stessa di Cristo e simbolicamente dalla bellezza dei rami e tralci di vite che sul pavimento a mosaico della Cattedrale di Otranto, nei tasselli bizantini che conducono all’altare ed al mosaico della fede cristiana. V.N.

 

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