Attentato al Papa: folle ma meglio che se ne parli

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Il cardinale Dario Castrillon Hoys e Fabio Gallo

A cura di Fabio Gallo – Il Cardinale Dario Castrillon Hoyos non è una persona qualsiasi. Anzi! Già Prefetto emerito delle Congregazione per il Clero e Presidente della Pontificia Commissione “Ecclesia Dei” è sempre stato considerato Cardinale amico e fedelissimo sia di Giovanni Paolo II che di Benedetto XVI. Quest’ultimo, da cardinale, era definito “la Sentinella di Cristo”. E questa definizione nel suo stile essenziale e poco ornamentale, come deve essere la Chiesa di oggi, ci sta tutta.
Di Benedetto XVI non piace, ad alcuni, l’accento – e si può comprendere poiché per molti ancora è reverbero di un passato sciagurato e per altri, oggi, di tesseramento al sacrificio voluto anche dalla Merkel. Ma diciamolo, stiamo parlando di due Pontefici di altissimo spessore capaci di indirizzare la Chiesa in un contesto internazionale ove, a soli 50 anni da una guerra combattuta con le armi, se ne aggiunge una altrettanto mondiale e che mieterà più vittime, di natura finanziaria.
Vero o non vero, folle o no, se c’è un solo dubbio in merito ad un possibile attentato al Santo Padre, di qualsiasi natura, è bene spiattellarlo ai giornali di tutto il mondo, con nomi e cognomi. Poi si vedrà.
Voglio immaginare che oggi nessuno voglia dirsi scandalizzato dalle modalità o dei mezzi con i quali si ricorre alla difesa del Papa. La Stampa e gli autorevoli Organi dell’Informazione, inclusi quelli efficacissimi della Rete, sono oggi quella parte di ricerca della verità che completa la Democrazia. Qualcuno è abbastanza intelligente da adottare questi sistemi sia da parte di chi consegna il documento che da parte di chi lo pubblica. Si chiama “scandalo” e nello scandalo le ombre vengono poste in luce.

Che la Chiesa di Roma abbia problemi si comprende dal toto vescovi per cui, ormai, non si accettano neanche più scommesse, tanto appare scontato. Dunque, forse, il problema si riduce al “Governo della Chiesa”, cioè a quella parte di cardinali, vescovi e monsignori che della Santa Madre Chiesa ne fanno una sezione di partito e non un “Ufficio” al servizio della collettività cristiana tutta e del bene comune. Ma questi saranno serviti al momento del loro giudizio perché essi non sono eterni, come tutti noi. No!, non è una visione apocalittica ma la declinazione di un fondamento cristiano per cui alla nostra morte corrisponde il giudizio a cura di Gesù Cristo.

Vi rendete conto cosa significherebbe “uccidere il Santo Padre” oggi? Mi viene da ridere ma intanto offriamo penna e spazio a chi lo difende e con esso difende quella parte sana della Chiesa che da secoli è baluardo dell’amore di Maria per le Genti.

Vogliono uccidere il Papa? Vedremo. Una cosa è certa: si tratta di economia, di danaro, di interessi finanziari, del futuro della gestione delle risorse, del cibo, del pane e dell’acqua, dell’energia. Si va incontro ad un veloce e potente sistema di dematerializzazione delle risorse e del loro controllo centralizzato esattamente come sta accadendo al danaro. In questo sistema a Cristo non sarebbe concesso di accedere. Non sarebbe. Ma sarà veramente difficile tenerlo fuori.
Quindi: inutile uccidere il Papa. E poi, in momenti simili la storia insegna che anche Filippo il Bello, potente e senza scrupoli proprio come alcuni contemporanei, nel costruire la gestione della sua folle democrazia è stato decapitato nelle pagine della storia macchiate dal disonore di eventi abominevoli come lo “schiaffo di Anagni” e il barbaro e approssimativo processo ai Templari che oggi, come ieri, amano e difendono il Corpo di Cristo e la Chiesa sua Madre.

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