Il Vaticanese

Igor Mitoraj ricordato da Mons. Renzo Giuliano il Parroco che gli presentò Dio

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Igor Mitoraj – i Portoni di Bronzo di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri di Roma

A cura di Viviana Normando – direttore responsabile/

E’ scomparso Igor Mitoraj. L’arte di Igor Mitoraj non tramonterà mai e travalicherà il tempo, oltre la presenza fisica dell’artista come d’altronde è accaduto a tutti i giganti dell’arte nella storia, perché egli ha disegnato, scolpito, creato, immortalato la Bellezza. Tutto questo in punta di piedi poiché nel sapere forgiare opere d’arte, nel coniare la Bellezza, in così immensa grandezza, vi è paradossalmente tanta essenzialità e funzionalità. E come accade nelle maggiori opere d’arte che si distinguono da tutto il resto, Igor Mitoraj sapeva sospendere la materia e l’anima. Sospendere significa cogliere persino nello stato, aspetto e approccio psicologico le persone, restituendole in materia ad un fruitore che a sua volta resta ‘appeso’, fluttuante, colpito dalla bellezza e al quale, a causa di quella materia così composta, sente l’animo scuotersi, mosso da emozioni, vibrare come quando si ode musica, vede materializzare nel silenzio i suoi dubbi e tramutarli in bellezza e in certezza. Una soddisfazione quasi incomprensibile a chi, per il tramite della materia, ha saputo come Mitoraj ritrarre la Bellezza, entrare nell’animo di molti in punta di piedi, riservatamente e intimamente, sia pure per mezzo di opere così straripanti e magnificenti ma mai traboccanti proprio per il loro minimalismo. Ciò è accaduto in coloro che hanno apprezzato la sua arte, che l’hanno ammirata ma anche a spazi antichi o moderni in cui la sua Bellezza, proprio in quanto tale, si è incastonata perfettamente.

 

 

IGOR MITORAJ E LA BASILICA SANTA MARIA DEGLI ANGELI E DEI MARTIRI DI ROMA
Ma ad un certo punto della sua vita Igor Mitoraj si è confrontato come tutti i grandi dell’Arte con Dio. E’ successo nella Basilica di S. Maria degli Angeli e dei Martiri di Roma dove abbiamo conosciuto fisicamente la sua opera e dove la testa del S. Giovanni Battista è un tutt’uno con le cappelle della michelangiolesca Basilica, come se vi fosse sempre stata. La testa di S. Giovanni Battista è imponente e bianca, del marmo più bello, eppure è discreta, perché la Bellezza, in quanto vera può tutto. E quando parliamo di minimalismo e di essenzialità, restando nello stesso luogo romano intitolato alla Vergine degli Angeli, possiamo sospenderci nell’Annunciazione dell’Angelo a Maria o nella Risurrezione di Cristo, soggetti, scene, momenti che, nella loro sacralità, Mitoraj ha restituito a tutti, comprendendone autenticamente e umanamente il senso mentre li scolpiva. Dall’Eccomi silenzioso di Maria alla Risurrezione di Cristo, due episodi centrali e culminanti del Mistero e del senso dell’essere cristiani.
Tutti noi siamo grati a Igor Mitoraj per avere riportato con forza il classicismo, un rinnovato neoclassicismo e purismo delle arti, nell’arte contemporanea in una sintesi sorprendente di preparazione, capacità ritrattistica, competenza, per restare per sempre nel sorprendente e sempre vivo firmamento della Bellezza. Un merito che è ricerca e che difficilmente è eguagliabile nella sua in-consapevolezza e discrezione. Abbiamo tutti bisogno di Bellezza e Igor Mitoraj ci ha esauditi.

MONS. RENZO GIULIANO E IGOR MITORAJ
A volere fortemente Igor Mitoraj nella Basilica di S. Maria degli Angeli e dei Martiri di Roma convinto che l’arte potesse con forza progettare, convertire, far innamorare chiunque della Bellezza che scuote anche l’animo arido di preghiera, è stato il Rettore della Basilica Mons. Renzo Giuliano già Responsabile dell’Ufficio Beni Culturali della Diocesi di Roma che oggi ha inteso salutare l’artista:

“Igor Mitoraj – ha dichiarato Mons. Renzo Giuliano – si è cimentato, con grande trepidazione di artista, nell’opera della sua più importante creazione religiosa ed è riuscito a comunicare con il linguaggio della classicità e della bellezza suprema l’opera della fede cristiana, l’Annunciazione a Maria e la Risurrezione di Cristo; una stupenda e creativa ‘visione’ plastica del Mistero divino scaturita dalla sua ricerca, dalla sua storia, dalla sua silenziosa libertà di fede. Quando gli chiesi di cimentarsi con queste Porte, Mitoraj tentennò, attese, quasi rifiutò, ma ciò valse a rafforzarlo e convincerlo nell’alta battaglia a superare quasi se stesso. Poi mi ringraziò perché ci riuscì, dando un capolavoro inestimabile al mondo. Gli Angeli portentosi scolpiti nel bronzo dietro le Porte ora lo accompagnino alle porte del vivo Mistero di Dio nell’eternità beata, quel mistero che qui fra di noi ha saputo esprimere con classicità e perfetta modernità di annuncio. Chiedo una profonda, affettuosa, riconoscente preghiera di amore e di suffragio per questo sincero e generoso amico, Igor Mitoraj”.

A ritrarre fotograficamente nell’attenzione, nella cura che meritano le opere di Igor Mitoraj, Fabio Gallo, oggi Responsabile dell’Area Progetti della Fondazione “Paolo di Tarso”, in immagini d’arte confluite nell’Archivio di DigITALIA BANK della medesima Fondazione che è riuscito, tra i pochissimi fotografi contemporanei, ad immortale ed a fissare nel tempo la Bellezza dell’Arte e della Vita che va oltre.

Ed è proprio Fabio Gallo che in ricordo di quei giorni ha dichiarato: “l’Opera del genio di Igor Mitoraj è scaturita dall’invito di un sacerdote che nella sua umiltà, ha saputo catturare l’intelligenza creativa dell’artista per porla innanzi alla visione di Dio. E la genialità di questo incontro, quello di Mons. Renzo Giuliano e Igor Mitoraj, ha saputo trasformare un vecchio portone di legno anonimo e muto in un dialogo perenne i cui interlocutori sono il passante e il Vangelo. Ciò, nella Piazza più importante e trafficata di Roma”.

TESTO INTEGRALE DELLA PRESENTAZIONE DELL’OPERA DI MITORAJ DA PARTE DI MONS. RENZO GIULIANO

LE PORTE DI BRONZO DI IGOR MITORAJ
a cura di Mons. Renzo Giuliano

Annunciazione e Risurrezione,
il mistero plenario nelle porte in bronzo di Igor Mitoraj in Santa Maria degli Angeli e dei Martiri.

Il pensiero di pace si calò nell’opera di pace” (San Bernardo).

Devo dare atto a Igor Mitoraj dell’onestà di un approfondimento. Egli ha cercato di dialogare sui temi teologici che andava a scolpire onde farsene una convinzione autentica, da cui scaturisse la vera ed adeguata forma dell’arte. Abbiamo parlato serenamente a lungo.

Le porte di una chiesa sono sì il “limen” fra l’esterno e l’interno, il mezzo di accesso al mondo ed alla ritualità di quello spazio dove si celebra la fede religiosa, il segno di quell’ingresso all’appartenenza di una concreta e precisa comunità cristiana verso cui si opera un passaggio che faccia vivere il comandamento dell’amore vicendevole, ma, di contro, esse sono una grande e vera icona del mistero della fede che si pone davanti al mondo, dinanzi ad ogni uomo che passa sulla strada. Le porte vengono a porsi come il simbolo di quel messaggio e di quella libertà che, in unità, la comunità cristiana riceve, sperimenta e vive all’interno di una chiesa che celebra e che propone di continuare a vivere quella fede ricevuta al di fuori, lungo le vie del mondo; sono una manifestazione dell’Evangelo di Cristo e, chiaramente, del Suo mistero. Le porte, in definitiva, non sono solo uno strumento funzionale di entrata e di uscita, da abbellire esteriormente, quanto hanno un alto valore simbolico evangelizzante e per tale motivo necessitano di una voce alta e potente d’arte per significarle la sua capacità di rivelazione di una visione trascendente, atta a chiamare sensibilmente l’uomo alla sua realtà.

Un criterio ha guidato principalmente la scelta progettuale: l’essenzialità. E ciò per essere semplicemente rispettosi della storia monumentale romana dell’edificio sacro che richiede la “sobrietas romana” ed anche per essere estremamente chiari ed immediati nella manifestazione del Mistero cristiano. Secondo questo rigore di scelta, le nuove porte in bronzo di Mitoraj, ancora qui fedele ai canoni della sua classicità, appaiono lineari nella loro vasta superficie e si dedicano all’espressione di un solo fatto salvifico per ciascuna porta: l’Annunciazione a Maria nella porta di sinistra e la Risurrezione di Cristo nella porta di destra, guardando la Basilica. L’uomo che passa e guarda e accoglie le figure di Maria e di Cristo impresse, ha in queste porte la sintesi piena e ben sbalzata, contemporanea e classica, del compendio della fede cristiana.

L’Annunciazione dell’angelo a Maria.

Nella porta è rappresenta la “porta” che ha permesso l’aprirsi definitivo della nostra salvezza: Maria, che dice il suo “sì” e lascia che nel suo grembo si dischiuda la concreta, umana vita del Verbo di Dio:

“ E il Verbo si fece carne 
e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv. 1, 14).

L’accoglienza magnificante di Maria richiama la nostra comune trasformazione:

“A quanti però l’hanno accolto 
ha dato potere 
di divenire figli di Dio: 
a quelli che credono nel suo nome 
i quali non da sangue, 
né da volere di carne, 
né da volere di uomo, 
ma da Dio sono stati generati” (Gv. 1, 12-13).

L’accoglienza di Cristo nella nostra vita dona il potere di diventare figli di Dio! Maria è coinvolta personalmente in questo smisurato e traboccante mistero annunciato e rivelato ed è insieme Madre di Dio e Figlia di Dio. Mi pare che non ci sia passo più pertinente di quello di Dante, nell’ultimo cantico del Paradiso, per esprimere questo globale contesto:

“Vergine Madre, figlia del tuo figlio, umile e alta più che creature, termine fisso d’eterno consiglio, tu se’ colei che l’umana natura nobilitasti sì, che ‘l suo fattore non disdegnò di farsi sua fattura. Nel ventre tuo si raccese l’amore, per lo cui caldo ne l’eterna pace così è germinato questo fiore” .

Ed ancora, nel decimo Canto del Purgatorio:

“ L’angel che venne in terra col decreto 
de la molt’anni lacrimata pace, 
ch’aperse il ciel del suo lungo divieto, 
dinanzi a noi pareva sì verace 
quivi intagliato in un atto soave, 
che non sembrava immagine che tace. 
Giurato si saria ch’el dicesse ‘Ave!’ 
perché iv’era imaginata quella 
ch’ad aprir l’alto amor volse la chiave; 
e avea in atto impresa esta favella 
‘Ecce ancilla Dei’, propriamente 
come figura in cera si suggella”.

Scultoreamente si dovrà sottolineare la figura dell’angelo, da una parte, “sì verace, quivi intagliato in un atto soave che non sembrava immagine che tace” e la raffigurazione obbediente di Maria, dall’altra parte, “quella ch’ad aprir l’alto amor volse la chiave…come figura in cera si suggella”. Linguaggio quindi scultoreo che Mitoraj spiritualmente ed artisticamente capta e pareggia nella forma! Non sono immagini che tacciono!

Un altro poeta, Rainer Marie Rilke, recita sul tema dell’Annunciazione, qualificando Maria come eccelsa porta di uno sconfinato desiderio:

“Gli angeli tutti sono presi
da un nuovo turbamento:
certo non fu mai cosí intenso
e vago il desiderio.
Forse qualcosa ora s’annunzia
che in sogno tu comprendi.
Salute a te, l’anima vede:
ora sei pronta e attendi.
Tu sei la grande, eccelsa porta,
verranno a aprirti presto.
Tu che il mio canto intendi sola:
in te si perde la mia parola
come nella foresta”.

La porta dell’Annunciazione di Mitoraj ha questo sentito afflato, antico e moderno, naturale e ricercato, di ogni vera poesia e di ravvivata intensità di spiritualità mariana, atta a far immedesimare con il mistero che è lì presentato: non è una porta, come intesa comunemente, ma uno spessore che riesce ad inglobarti ed a manifestarti l’originalità del comprendere cristiano e del nuovo e generativo umanesimo.

La Risurrezione di Cristo Signore

La porta fa sobbalzare, quasi dal suo interno, il mistero nuovo di Cristo morto e risorto. La raffigurazione del Risorto è fortemente sbalzata e porta a considerare plasticamente le parole stesse del Risorto: “Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro. Maria di Magdala andò subito ad annunziare ai discepoli: ‘Ho visto il Signore’ ed anche ciò che le aveva detto” (Gv. 20, 17-18). La Risurrezione di Cristo fonda così l’esperienza pienamente religiosa della libertà e dell’evangelizzazione: il non essere trattenuti e l’annuncio vitale. La Risurrezione fa raggiungere l’apice e la verità di ogni fede, Dio Padre, in un’esperienza di vita personale ed insieme partecipata e fraterna: “Padre mio e Padre vostro – Dio mio e Dio vostro”. Nella raffigurazione scultorea di Mitoraj, il Risorto è ampiamente solcato, nel suo concreto corpo – nella sua carne, dal segno della donazione totale, fedelissima, sofferta con atrocità: la croce. Nel Cristo michelangiolesco in S. Maria sopra Minerva, la Croce affianca Cristo Redentore; qui, sulla nostra porta, la Croce , così da essere parte dell’obbedienza eterna del Cristo, attraversa-penetra-configura la totale e forte figura del Redentore Risorto, colmo di giovanile e divina vitalità che la morte non ha assolutamente fiaccato. Come emerge dal Vangelo e dall’ispirazione di storiche e notissime produzioni d’arte, la prova della fede è quella di Tommaso, voluta da Cristo stesso Risorto: “mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano, venne Gesù… disse a Tommaso : ‘ Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente” (Gv. 20, 19.27). Quale Morto e Risorto, il Cristo si rivela autentico e bel Pastore del suo gregge e reale Porta attraverso cui il medesimo gregge può fare ingresso nell’ovile dei pascoli eterni, nella fertile e felice vita con Dio Amore (cfr. Gv. 10). Davanti a tutto il mondo, ciò di cui la fede cristiana si possa vantare, è un unico mistero salvifico, secondo la testimonianza di S. Paolo: “Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo”(Gal. 6, 14). Tale sublimità, che raggiunge la convinzione personale di un’attuale testimonianza, è, in questa porta, simbolizzato e non narrato!

Incontro globale 

Le riflessioni fatte portano ad allargare il senso di interpretazione ad ambedue i grandi portoni in bronzo. La porta, comunque, è sempre simbolizzatrice di Cristo:

“In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore…Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo. …Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore” (Gv. 10, 7. 9. 11)

La porta dell’Annunciazione a Maria ferma l’attimo dell’incontro tra Maria e l’Angelo in un magnifico tratto di dolcissima profondità ed attesa, ma dinamicizza tutto il contenuto dell’annuncio che riguarda il servizio amorevole della Donna: “Concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine” (Lc. 31-33). Dall’incontro dialogico è esattamente delineato tutto il tragitto della vita e della missione di Cristo.

La porta del Risorto ferma l’attimo del Cristo vittorioso sulla morte, con una fermissima proclamazione di vita nuova, ma dinamicizza tutta la sfera della creazione, rinnovata da quel corpo glorioso che diventa il perno dell’intera storia dell’umanità: “Io, quando sarò elevato da terra attirerò tutti a me!” (Gv.12, 32). L’attrarre del Cristo non sarà una dottrina, ma sarà se stesso risorto, sarà il suo stesso corpo glorioso che dona corporeità alla speranza piena ed ultima dell’uomo. Cristo mostra e rivela quindi se stesso con una luminosità di verità ultima. Nella storia sacra Mosè si velò il volto a motivo di quello splendore che lo aveva circonfuso, impossibile ad essere sostenuto dal popolo che lo seguiva; quello stesso velo era steso sul cuore di quel popolo. E, dice S. Paolo, che quel velo, impedimento alla visione della gloria del volto, è eliminato in Cristo e questa azione sarà il segno della conversione al Signore (cfr. 2 Cor. 3, 12-16). Quale il senso reale? Continua Paolo: “Il Signore è lo Spirito e dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà. E noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito” ( 2 Cor. 3, 17).

Mitoraj ha così raffigurato scultoreamente tutto questo processo che fa vibrare lo spirito della più autentica e vissuta passione per la libertà mostrata nel Cristo totale: il Cristo “ annunciato ” – il Cristo “ glorificato ”; il Cristo “ disceso ” – il Cristo “ asceso ”. E’ questa la manifestazione vissuta della pienezza del creato intero, ci ricorda S. Paolo: “Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per riempire tutte le cose” ( Ef. 4, 10). Questa esperienza divina globale, letta nel rapporto essenziale fra ambedue le porte, diviene l’appello più forte che, colui che passa e vede, può sensibilmente far trasbordare nel suo cuore e nella ricerca della non effimera bellezza. L’uomo contemporaneo trova pertanto qui, davanti a queste porte, un luogo di creativo dialogo interiore e di unica intensità trasformatrice. Si apre così il futuro di Dio.

Immagini a cura di Fabio Gallo – DigITALIABANK.

 

 

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