Il Vaticanese

Il giorno dopo Francesco a Cassano, l’omelia di don Nunzio Galantino

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Sua Eccellenza Mons Nunzio Galantino

Redazione de ILVATICANESE.IT/

Cosa succede a Cassano all’Jonio, nella Provincia di Cosenza all’alba della visita di Papa Francesco? Mentre la Comunità, cittadinanza è ancora immersa nel ricordo della sua presenza che si sta riverberando sulla stampa locale e nazionale, le parole di Mons. Nunzio Galantino ci colpiscono per la loro semplicità ed il richiamo a “Paolo di Tarso”, all’Apostolo delle genti San Paolo che di ricorda quanto, a volte, mangiamo e beviamo indegnamente alla mensa del Signore. Grazie a Don Nunzio, Segretario della CEI e Vescovo di Cassano all’Jonio per avere saputo dare alla calabria un momento così profondo e “bello” di riflessione “insieme a Francesco”.

CORPUS DOMINI / Anno A
Dt 8,2-3.14-16; 1Cor 10,16-17; Gv 6,51-58
OMELIA del  22 giugno 2014 di S. E. Mons. Nunzio Galantino

“Partire dalle letture bibliche proclamate durante la Liturgia della Parla aiuta a cogliere il senso e l’importanza di questa festa, completando ed attualizzando le motivazioni che portarono Papa Urbano IV (Bolla Transiturus) a istituire questa festa, nel XIII secolo. Ed è proprio il riferimento alla Liturgia della Parola a farci legare la festa del Corpus Domini al Giovedì Santo.

In quella sera Gesù si consegnò ai suoi discepoli invitandoli ad entrare in piena comunione con Lui: Prendete … Mangiate … Bevete. Ma quella comunione doveva portare frutti concreti, doveva spingere tutti a familiarizzare con quello che Gesù stesso avrebbe fatto di lì a poco, prendendo una brocca, un catino e uno straccio e lavando i piedi dei suoi: la comunione con Gesù doveva e deve portare a familiarizzare con il servizio.

Quando veniamo in Chiesa per partecipare all’Eucaristia dobbiamo sapere che veniamo per sederci a tavola come i discepoli in quel primo Giovedì Santo. È una tavola sulla quale troviamo la Parola, il pane ed il vino consacrati. Da questa tavola dobbiamo imparare a prendere/mangiare tutto: la Parola, il pane ed il vino.

Ma, oggi, che senso ha per noi celebrare questa festa e , in genere, che senso ha per noi celebrare l’Eucaristia? Che senso ha ritrovarci insieme ad adorare e a contemplare questi segni della vita quotidiana: pane e vino? Innanzitutto noi stiamo qui perché abbiamo preso sul serio le parole, le promesse e gli inviti di quella sera del Giovedì santo: Fate questo in memoria di me. Ma siamo qui anche perché siamo certi che, attraverso il pane e il vino che Gesù ha spezzato e dato quella sera e che continua a spezzare e a donare ogni volta che celebriamo l’Eucaristia – attraverso quel pane spezzato – passa la nuova Alleanza; si realizza cioè la nostra unione con Lui e tra noi.

Chi entra seriamente e con passione, attraverso l’Eucaristia, in questa nuova Alleanza, contribuisce a fare la storia secondo Dio. Troppe Eucaristie sembrano finalizzate solo alla convocazione assembleare e cultuale senza rimandi alla vita e alle vicende della gente. Noi cristiani non veniamo invitati ad adorare e a contemplare una presenza qualsiasi e generica di Gesù! Noi veniamo invitati ad adorare e a contemplare la presenza di Gesù pane spezzato, pane donato, che è condanna di ogni atteggiamento egoistico,  che è condanna della cultura del dare solo perché si è ricevuto; del dare perché si è in attesa del contraccambio.

L’Eucaristia è il Sacramento del cuore aperto, è educazione al dono gratuito e senza riserve, è il pane che ridona energia e voglia di rimettersi in cammino, come ci insegna la prima lettura, dove la manna assicura al popolo affaticato dal cammino la possibilità di continuare la sua marcia verso la liberazione.

La ricchezza ed il dinamismo di questa pagina ci fa capire quanto limite c’è in una fede eucaristica che si accontenta di guardare, ammirare e circondare di devozione il pane ed il vino consacrati senza far derivare da questo scelte di intensa e viva carità.

«Se non mangiate…». Gesù è lì per essere mangiato, per essere assimilato, per entrare dentro di noi ed essere quella forza esplosiva che, come ha fatto Lui, trasforma il nostro mondo ed il nostro modo di fare Chiesa.

Spesso noi facciamo delle mezze comunioni che (non sembri una bestemmia!) sono delle inutili comunioni. Se il mangiare il corpo di Cristo infatti non mette dentro di noi il desiderio di farci mangiare, è segno che abbiamo ridotto l’Eucaristia a rito vuoto; ed è quello che Paolo (2a lettura), sempre molto realista, chiama l’aver mangiato e bevuto indegnamente.

Quante comunioni fatte! Ma quanta poca comunione vissuta e realizzata!

Don Nunzio Galantino.

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