Il Vaticanese

Gesù in ogni tempo: Francesco all’Episcopato come Paolo VI

PaoloVI

La decisione di Papa Francesco di ricordare e consegnare ai vescovi italiani il primo discorso loro rivolto da Paolo VI è più che eloquente. Montini parlò all’episcopato esattamente mezzo secolo fa, il 14 aprile 1964, quando la conferenza episcopale era appena agli inizi, tanto che l’intervento papale viene considerato il suo atto di nascita. Riunioni di vescovi italiani si erano infatti tenute sin dal 1952, con statuti provvisori promulgati nel 1954 e nel 1959, ma fu solo quel 14 aprile 1964 che l’episcopato si riunì per la prima volta nel suo insieme.

Fu insomma un nuovo inizio, come nuovo è stato oggi il gesto del Papa, vescovo di Roma e primate d’Italia, che ha parlato all’episcopato rivolgendosi al tempo stesso a ognuno dei suoi fratelli vescovi. Per richiamare a una riflessione, e insieme a un esame di coscienza, nella luce della parola di Cristo a Pietro («Tu, seguimi») e di quelle di Paolo alla comunità di Roma («Desidero ardentemente vedervi per comunicarvi qualche dono spirituale, perché ne siate fortificati, o meglio, per essere in mezzo a voi confortato mediante la fede che abbiamo in comune, voi ed io»), desiderio che Francesco fa suo.

Al Papa sta a cuore, come disse nelle prime parole dopo l’elezione in conclave, il rapporto tra vescovo e popolo, fondamentale e tradizionale nella Chiesa di Cristo, e questo è lo sfondo del discorso all’episcopato italiano, che è un richiamo all’essenziale e dunque anch’esso indicatore di un nuovo inizio. Così è significativo che, eletto da qualche settimana, Francesco abbia per la prima volta incontrato l’episcopato italiano davanti al sepolcro di Pietro e abbia salutato ognuno dei vescovi: «Ho vissuto quest’anno cercando di pormi sul passo di ciascuno di voi» ha sintetizzato.

E il richiamo all’essenziale non può che passare per un interrogarsi davanti a chi davvero guida la Chiesa: «Chi è per me Gesù Cristo? Come ha segnato la verità della mia storia? Che dice di lui la mia vita?» si è chiesto e ha chiesto il Papa. In tutto il discorso di Bergoglio, nella descrizione della vita spirituale e delle tentazioni a cui ognuno è sottoposto, si avverte l’esperienza dell’uomo religioso e del vescovo, con un linguaggio suggestivo che guardando all’unico Signore è capace di toccare e scuotere: «Teniamo fisso lo sguardo su di lui, centro del tempo e della storia». È lui «che avvolge di misericordia le nostre debolezze» tutto rinnovando. «Di lui — anche se lo ignorasse — vive ogni uomo» ha ricordato il Papa.

Le parole di Francesco s’intrecciano con quelle — così «attuali», ha sottolineato — di Paolo VI, che rivolgendosi ai vescovi italiani pose sul tappeto principalmente due questioni: il numero eccessivo delle diocesi e la preservazione della fede nel popolo italiano. «Bisogna procedere uniti» disse Montini, richiamando poi al concilio, «occasione unica e felice» e «sforzo portato al più alto grado per adeguare la rispondenza della Chiesa ai doveri della sua missione e ai bisogni dei tempi». Che oggi sono quelli della famiglia, dei disoccupati, dei migranti, ha sintetizzato il Papa parlando della missione. Che offre a tutti, senza distinzione, «la memoria della fede e la compagnia della Chiesa».

Fonte, Osservatore Romano, www.news.va.

 

 

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