Il Vaticanese

750 anni dalla scoperta della lingua di S. Antonio che proclamava meraviglie di Dio

Coordinate importanti fanno sì che anche questo tempo sia ricondotto a Cristo: nel 750esimo anniversario della solennità del Corpus Domini, nel 750esimo anno del ritrovamento della lingua incorrotta di Sant’Antonio che era solito dire “Fa Signore che la mia lingua scocchi come una freccia per proclamare le tue meraviglie”. Una frase ricorrente prima dell’omelia della Santa Messa, uno stile di vita.

La reliquia della lingua oggi conservata nella Basilica di Sant’Antonio a Padova, attesta prima di tutto “quanti meriti ha avuto davanti a Dio il Santo Dottore Evangelico con la sua predicazione”, come ci ricorda la presentazione dell’anniversario del ritrovamento in questo anno speciale.

Soffermandosi su quell’incipit della preghiera antoniana è il Santo stesso ad avere indicato una prima “meraviglia del Signore”: la dignità della persona umana, per poi soffermarsi sul richiamo alla conversione fidando nella misericordia divina. La “freccia della lingua” di frate Antonio indica “la meraviglia del vivere in costante ricerca del senso da dare alla propria esistenza. Ma non soltanto predicazione, quella del Taumaturgo, bensì anche testimonianza personale, vita vissuta nel mettere in pratica la volontà del Signore”.

Un approccio in Cristo, alla vita, che è “formidabile” per utilizzare un aggettivo anche comune ai più giovani con cui in questi giorni viene anche definito Papa Francesco.


Le lingue sono tante come gli abitanti di questa terra. E
ci sono le lingue dritte e quelle storte.

Talune lingue storte non scrivono di certo di quelle Beatitudini alle quali è bello aprire il proprio cuore come suggerisce Papa Francesco nei suoi messaggi quotidiani, nella misericordia del Signore. Tra testi che intendono essere provocatori e che tutto sono eccetto che belli, manca la prerogativa del Creato e di tutto ciò che si riferisce al Creatore.

Molto lontani da quella comunicazione vera, buona e bella che incentiva il Pontefice.

Quando si legge un testo ispirato da Cristo, vera e unica sorgente della Chiesa, la lettura è armoniosa, piena di grazia, non sgraziata.

Rileviamo in questi giorni, ancora una volta, nei media, note stonate poiché si tende a sovraesporre, a partire dalla trasmissione su Rai uno di “Porta a Porta”, la figura del Santo Padre e dei suoi collaboratori. Uno dei complimesi di un Pontificato così intenso viene vissuto a tutti i costi alla ricerca dello scoop e dov’è lo scoop… forse che Papa Francesco non vuole primeggiare innanzi a Cristo? Forse che il Vicario di Cristo ricorda sempre che è Cristo ad essere sempre il centro? Questa è la vera rivoluzione? Ecco lo scoop: Cristo.

Già basta, già è troppo.

Appello

Invitiamo i colleghi giornalisti a tutelare, a proteggere chi lavora, a cominciare proprio dal Sommo Pontefice, in questo tempo di grandi cambiamenti, insieme ai suoi collaboratori, a favorire una sana comunicazione di ciò che di bello e buono accade.

Papa Francesco ci ha abituato alla purezza di un gesto, di un sorriso, di un abbraccio a tutti i costi, del contatto tra la gente, così diretto da non essere proprio soggetto ad essere distorto. Perché parlare così tanto allora? Per mostrare agli occhi degli altri di essergli vicino? Di avere seguito il Papa? Di essere colti? Per narcisismo? Il Papa viene seguito soprattutto da chi non appare, a meno che non sia necessario uscire allo scoperto, sobrio e discreto, per devozione filiale, autentico sostegno, per ruolo, perché questo, “vera vicinanza”, Umiltà, è quello che ci ispira il Papa stesso, sebbene sia il Papa in persona. La comunicazione “vera, bella e buona” non è così distante dal compito della Chiesa: Chiesa e stampa non sono poi così lontane. Un atto di fiducia straordinario si denota tra le parole del Papa che in questi primi mesi di Francesco può iniziare a non essere rispettato: può non essere onorato da alcuni membri della Chiesa, quella medesima Ecclesia che accoglie sempre i suoi figli; dai media che hanno il compito delicatissimo di trasmettere verità per acquisire corrette informazioni e aiutare a compiere scelte più giuste; da alcuni tra coloro che ricoprono ruoli di responsabilità o di centralità in progetti a favore della collettività, le cui lingue devono essere solo che dritte per poter parlare della bellezza di Dio.

“L’ipocrisia è la lingua dei corrotti, il cristiano parla con amore e verità” (Papa Francesco).

“Se il cristiano rifugge da un’umiltà di facciata, la potenza di Dio è in lui” (Papa Francesco).

“Fa Signore che la mia lingua scocchi come una freccia per proclamare le tue meraviglie” (S. Antonio).

V.N.

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