Papa ai nuovi cardinali: ai piedi degli altri per servire Cristo

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Papa Francesco

L’unica autorità “credibile” è quella che nasce dal mettersi “ai piedi degli altri per servire Cristo”. Questa la riflessione del Papa nell’omelia pronunciata in Basilica Vaticana, in occasione del Concistoro ordinario pubblico per la creazione di 14 nuovi cardinali: sua Beatitudine Louis Raphaël I Sako, Luis Ladaria, Angelo De Donatis, Giovanni Angelo Becciu, Konrad Krajewski, Joseph Coutts, António dos Santos Marto, Pedro Barreto, Desiré Tsarahazana, Giuseppe Petrocchi, Thomas Aquinas Manyo, Sergio Obeso Rivera, Toribio Ticona Porco, Aquilino Bocos Merino (Ascolta e scarica il servizio con le parole del Papa e del cardinale Sako).

Dare la propria vita in riscatto per molti

Prendendo spunto dal brano evangelico di Marco, in cui si spiega che “il Figlio dell’uomo non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”, Francesco si sofferma appunto sul concetto di autorità:

E’ quella che viene dal non dimenticare che Gesù, prima di chinare il capo sulla croce, non ha avuto paura di chinarsi davanti ai discepoli e lavare loro i piedi. Questa è la più alta onorificenza che possiamo ottenere, la maggiore promozione che ci possa essere conferita: servire Cristo nel popolo fedele di Dio, nell’affamato, nel dimenticato, nel carcerato, nel malato, nel tossicodipendente, nell’abbandonato, in persone concrete con le loro storie e speranze, con le loro attese e delusioni, con le loro sofferenze e ferite. Solo così l’autorità del pastore avrà il sapore del Vangelo e non sarà «come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita». Nessuno di noi deve sentirsi “superiore” ad alcuno. Nessuno di noi deve guardare gli altri dall’alto in basso. Possiamo, sì, possiamo guardare così una persona solo quando la aiutiamo ad alzarsi.

In una Basilica di San Pietro colorata dalla porpora dei paramenti dei cardinali e dai costumi tipici dei Paesi di provenienza, il Pontefice ripercorre le parole dell’Evangelista su Gesù che, in cammino verso Gerusalemme, “non trascura di precedere i suoi”, e ricorda come nella vita i momenti “importanti e cruciali” lascino parlare il cuore e mostrino “le intenzioni e le tensioni” che ci abitano, facendo “emergere domande e desideri non sempre trasparenti del cuore umano”.

L’Evangelista non teme di svelare certi segreti del cuore dei discepoli: ricerca dei primi posti, gelosie, invidie, intrighi, aggiustamenti e accordi; una logica che non solo logora e corrode da dentro i rapporti tra loro, ma che inoltre li chiude e li avvolge in discussioni inutili e di poco conto. Gesù però non si ferma su questo, ma va avanti, li precede (primerea) e con forza dice loro: «Tra voi non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore». Con tale atteggiamento, il Signore cerca di ricentrare lo sguardo e il cuore dei suoi discepoli, non permettendo che le discussioni sterili e autoreferenziali trovino spazio in seno alla comunità.

La missione

Il Papa si domanda a cosa serva “guadagnare il mondo intero” se si è “corrosi all’interno”, se si vive “tutti presi da intrighi asfissianti che inaridiscono e rendono sterile il cuore e la missione”, in una situazione in cui “si potrebbero già intravedere gli intrighi di palazzo, anche nelle curie ecclesiastiche”. Dal Signore invece i discepoli ricevono “un invito e una scommessa” per recuperare il meglio che c’è in loro, senza lasciarsi “rovinare e imprigionare” da logiche mondane che “distolgono” lo sguardo da ciò che è importante. Salva cioè la comunità dal “guardare troppo sé stessa invece di rivolgere lo sguardo, le risorse, le aspettative e il cuore a ciò che conta: la missione”.

E così Gesù ci insegna che la conversione, la trasformazione del cuore e la riforma della Chiesa è e sarà sempre in chiave missionaria, perché presuppone che si cessi di vedere e curare i propri interessi per guardare e curare gli interessi del Padre. La conversione dai nostri peccati, dai nostri egoismi non è e non sarà mai fine a sé stessa, ma mira principalmente a crescere in fedeltà e disponibilità per abbracciare la missione. E questo in modo tale che, nell’ora della verità, specialmente nei momenti difficili dei nostri fratelli, siamo ben disposti e disponibili ad accompagnare e accogliere tutti e ciascuno, e non ci trasformiamo in ottimi respingenti, o per ristrettezza di vedute o, peggio ancora, perché stiamo discutendo e pensando tra di noi chi sarà il più importante.

Spazio agli altri

Quando si dimentica la missione e perdiamo di vista “il volto concreto dei fratelli”, la nostra vita – spiega il Papa ai nuovi cardinali – “si rinchiude nella ricerca dei propri interessi e delle proprie sicurezze”: e così, aggiunge, “cominciano a crescere il risentimento, la tristezza e il disgusto”, venendo meno “lo spazio per gli altri, per la comunità ecclesiale, per i poveri, per ascoltare la voce del Signore e finendo con l’“l’inaridirsi”. Chi vuole essere il primo, evidenzia il Papa ripetendo le parole del Signore, “sarà schiavo di tutti”:

E’ l’invito che il Signore ci fa perché non dimentichiamo che l’autorità nella Chiesa cresce con questa capacità di promuovere la dignità dell’altro, di ungere l’altro, per guarire le sue ferite e la sua speranza tante volte offesa. E’ ricordare che siamo qui perché siamo inviati a «portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore».

La formula

Francesco conclude citando il testamento spirituale di San Giovanni XXIII, in cui Papa Roncalli ringrazia Dio per la “grazia della povertà” ricevuta. Quindi il momento della creazione dei nuovi cardinali, prima che ricevano la berretta, l’anello cardinalizio e l’assegnazione del titolo o della diaconia: …hos Venerabiles Fratres creamus…

Fonte News.va a cura di  Giada Aquilino – Città del Vaticano

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