l’ideologia jihadista non si ferma con le bombe. Lo dice Mons. Lingua, nunzio in Iraq

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Un esodo senza fine quello dei cristiani in Iraq

di Radio Vaticana/

La situazione in Iraq è molto preoccupante. I cristiani, in particolare, sono disorientati perché non possono rientrare nelle loro case a Mosul e nella Piana di Ninive. E’ quanto sottolinea, al microfono di Tracey McClure, il nunzio apostolico in Iraq e Giordania, mons. Giorgio Lingua:

R. – La situazione è molto preoccupante, innanzitutto dal punto di vista psicologico, dopo quello che è successo a Mosul, in particolare, ma anche nella Piana di Ninive, dove i cristiani sono stati costretti praticamente a lasciare le loro abitazioni o a convertirsi. In questo momento sono disorientati, perché non possono ritornare nelle loro case. Più il tempo passa, più la frustrazione cresce. Questo, direi, per quanto riguarda i circa 120 mila cristiani, che hanno dovuto lasciare le loro case. Per quanto riguarda Baghdad, la situazione è come prima: è sempre una città con problemi, con attentati, ma non è peggiorata. Circa 350 famiglie sono venute a Baghdad dal Nord, perché molte avevano dei parenti oppure per fare documenti, passaporti. Credo, quindi, sia importante intervenire, per trovare loro condizioni migliori di vita e possibilmente anche un lavoro, se si vuole che restino, altrimenti è chiaro che non possono più vivere a lungo in queste condizioni e saranno sempre più tentati di partire e di lasciare. Il Medio Oriente, quindi, si svuota di una presenza che è millenaria: è dall’inizio del cristianesimo che i cristiani sono lì e sono parte del Paese; hanno contribuito alla costruzione di questi Paesi e ora si trovano in una condizione molto critica. Per quanto riguarda gli interventi della comunità internazionale, io credo che vada tenuto presente che il problema alla radice non si può risolvere con la forza, perché le bombe, l’esercito possono fermare un’aggressione, ma non possono fermare le idee. Credo, quindi, che le idee, le ideologie che stanno dietro, si possano fermare soltanto con l’educazione. Per questo credo sia molto importante, a questo livello, il ruolo dei leader religiosi musulmani, per condannare quello che sta avvenendo, per prendere le distanze e, soprattutto, per formare nelle scuole, nelle moschee la gente ad una maggiore tolleranza.

D. – Le sue speranze per il futuro?

R. – E’ chiaro che ci aspettiamo la pace, ci aspettiamo che i cristiani e i musulmani e anche musulmani sciiti e sunniti, e altre religioni presenti, possano ritornare a vivere come fratelli. Questo è un sogno, ma credo che i sogni si possano realizzare con la buona volontà di ciascuno.

D. – E si è detto più volte che quello che può aiutare a fermare la violenza è una forza di pace internazionale…

R. – Dico che adesso, in questo momento, è quello che i cristiani chiedono. Anche quando i villaggi vengono liberati, infatti, non si fidano di tornare, finché non si sentono protetti da una forza di pace internazionale. Hanno visto la facilità con cui questi jihadisti sono avanzati, sono entrati e temono, allora, che possano ritornare con la stessa forza. Quindi solo se ci sarà una forza di pace internazionale, potranno tornare, almeno per passare l’inverno.

 

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