La lavanda dei piedi: atto di amore totale di Cristo

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Papa Francesco e la Lavanda dei Piedi

28 marzo 2013: Papa Francesco, durante la Messa in Coena Domini del Giovedì Santo celebrata nel carcere minorile di Casal del Marmo di Roma, esegue il rito della lavanda dei piedi a dodici detenuti, tra i quali una ragazza serba di fede musulmana.

17 aprile 2014: Papa Francesco, nella Messa in Coena Domini celebrata presso il Centro Santa Maria della Provvidenza della Fondazione Don Gnocchi di Casal del Marmo rinnova il rito della lavanda dei piedi a dodici disabili, tra i quali un adolescente di 16 anni originario di Capo Verde, una giovane di 27 anni di origine etiope e un libico di 75 anni musulmano.

Riceviamo e volentieri pubblichiamo le riflessioni di Cosimo Lasorsa.

La domanda che l’uomo comune si pone è: quale valore attribuire a questo rito che ha portato il Vicario di Cristo e Capo della Chiesa cattolica mondiale a inginocchiarsi e a compiere un gesto così umile e servile? La risposta è molto semplice: in entrambe le occasioni Papa Francesco ha ripetuto il gesto che Gesù fece nel corso dell’Ultima Cena, alla vigilia della sua passione, nei confronti degli Apostoli, come riportato nel Vangelo di Giovanni: “Gesù sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava si alzò da tavola, depose le vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse intorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei suoi discepoli e ad asciugarli con l’asciugatoio di cui si era cinto”.

Allora la nuova domanda è: quale significato attribuire a questo gesto che Gesù fece nei confronti degli Apostoli? Anche in questo caso la risposta è molto semplice: il gesto di Gesù è un gesto di amore totale e di totale purificazione, quella purificazione che porterà alla salvezza dell’umanità intera con la sua passione, morte e resurrezione. Una risposta che è facile cogliere nei Vangeli di Giovanni: ” sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine” e di Marco: “non è venuto per essere servito ma per servire e dare la propria vita per molti”.

Il rito della lavanda dei piedi che la Chiesa celebra nella Messa in Coena Domini del Giovedì Santo è il simbolo di un Cristo, che pur essendo figlio di Dio, si umilia per mettersi al servizio di tutti prima di andare incontro al martirio e alla morte. Un Cristo che si è fatto uomo tra gli uomini, ma che vuole lasciare, con il suo gesto, un testamento spirituale ai suoi Apostoli e all’umanità intera affinché tutti possano amarsi l’un l’altro, con quell’amore universale che Dio stesso riversa verso di noi. Un gesto che supera ogni orizzonte di generosità e di altruismo, come si evince dal confronto tra l’opposizione di Pietro. “non mi laverai mai i piedi” e la risposta di Gesù: “se non ti laverò non avrai parte in me”.

Il gesto della Lavanda dei piedi

Papa Francesco, ripetendo il gesto che Gesù fece oltre duemila anni fa, ci rivolge l’invito a non dissociarsi da quella via indicata da Cristo ma a seguirne l’esempio mettendoci al servizio degli altri e ad aiutarci come fratelli in Cristo.

La lavanda dei piedi, aveva detto il Sommo Pontefice ai carcerati di Casal del Marmo di Roma, “è simbolo del fatto che chi è più in alto deve servire gli altri”. La lavanda dei piedi, ha ribadito il Papa ai disabili della Fondazione Don Gnocchi “è un gesto simbolico, di servizio da schiavi. Questa è l’eredità: dovete farvi servi gli uni degli altri, servitori nell’amore”.

La lettura del Vangelo di Giovanni sulla lavanda dei piedi è davvero sconvolgente. Un gesto di umiltà e di amore che Gesù ha voluto lasciare come testimonianza ai suoi discepoli nell’ultima sera di vita terrena nello stesso posto, “il cenacolo”, dove si era consumato simbolicamente il rito del pane e del vino, corpo e sangue di Cristo. Un argomento che troviamo soltanto nel Vangelo di Giovanni, e non nei Vangeli sinottici, che considero tra i più belli che ci siano pervenuti. L’insegnamento che Gesù ha voluto lasciarci con il gesto della lavanda dei piedi, che la Chiesa rinnova ogni anno, lo troviamo nelle stesse parole, che possono sembrare dure e di ammonimento, ma che sono invece di disciplina e di ammaestramento, dette ai suoi Apostoli alla conclusione del rito, come ci racconta sempre Giovanni: “Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché io lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi”.

L’importanza che Papa Francesco attribuisce al gesto di Gesù con il rinnovamento del rito della lavanda dei piedi rappresenta, per noi cristiani, l’esaltazione mistica della totale donazione di Cristo, che si è fatto uomo per la salvezza dell’umanità.

Cosimo Lasorsa

Chi sono i dodici pazienti accarezzati da Papa Francesco

Ecco le storie delle dodici persone accolti nella Fondazione Don Gnocchi con i quali il Papa ha rinnovato in questo 2014 il rito della Lavanda dei Piedi nel Giovedì Santo.

Sono dodici pazienti ospitati nei Centri della Fondazione Don Gnocchi con disabilità per alcuni temporanea, per altri cronica, con la quale fanno i conti dalla nascita o dalla giovanissima età. Di età compresa tra i 16 e gli 86 anni (italiani e tre di origine straniera, uno dei quali di fede musulmana), sono affetti da patologie invalidanti di carattere ortopedico, neurologico e oncologico.

Il più giovane di loro si chiama Osvaldinho. Ha 16 anni, è originario di Capo Verde e risiede a Roma da tempo. Nell’agosto dello scorso anno, un banale tuffo in mare ha straziato un’adolescenza fin lì normale. L’acqua troppo bassa, l’impatto violento, l’esito devastante: trauma vertebro-midollare con tetraplegia immediata. Gli arti paralizzati, completamente immobile, costretto su una sedia a rotelle. Non perde, però, la straordinaria voglia di vivere, tipica dei suoi anni, alimentata e sostenuta dalle cure e dalle terapie riabilitative a cui si sottopone ogni giorno al Centro “S. Maria della Pace” di Roma della Fondazione Don Gnocchi per recuperare e sviluppare le capacità residue.

Di altro genere la vicenda di Orietta, romana, 51 anni. A soli due anni è colpita da vaiolo che le provoca un’encefalite. Per la famiglia inizia un calvario fatto anche di emarginazione e incomprensioni. A 9 anni l’accoglienza al “Cottolengo” di Roma, che aveva sede presso l’attuale Centro Don Gnocchi “S. Maria della Provvidenza”. Da 43 anni, Orietta vive in questa sua nuova famiglia allargata, senza per questo aver perso la sua famiglia di origine. Anzi, i genitori l’hanno continuamente seguita con amore e sorretti dalla fede. Non passa giorno che non la vadano a trovare, al punto da diventare volontari del Centro e non limitarsi ad accudire solo lei, ma affiancando gli operatori nell’assistenza degli altri ospiti, così da dilatare la loro stessa famiglia.

Infine, Samuele, 66 anni. A 3 anni il dramma della poliomielite, vera e propria piaga che falcidiava l’infanzia di quegli anni e a cui don Gnocchi si era dedicato una volta esaurita l’emergenza dei mutilatini. La famiglia di Samuele, paralizzato agli arti inferiori, non era in grado di garantirgli cure, né scuole speciali. Sarà proprio l’incontro con l’Opera di don Gnocchi a cambiargli la vita. Dalla provincia dell’Aquila, all’età di 13 anni, Samuele si trasferisce a Roma e qui inizia il suo percorso di rinascita. Al Centro “S. Maria della Pace” di Roma della Fondazione Don Gnocchi riceve cure mediche, istruzione, formazione professionale, un lavoro e qui trova persino l’amore, nella donna che poi sposerà. Samuele non ha più lasciato la Fondazione Don Gnocchi, diventandone operatore dipendente, fino alla pensione, raggiunta pochi anni fa. Ancora oggi, anche se non ha mai conosciuto personalmente don Carlo, continua a considerare don Gnocchi come un “padre”, come tutti gli ex allievi sparsi nel Paese, che hanno dato vita e una vera e propria associazione.

Gli altri pazienti a cui Papa Francesco ha lavato i piedi

Marco, 19 anni, quinto anno al liceo scientifico tecnologico. Animatore nella parrocchia “SS. Annunziata” di Sabaudia (Lt), gli è stata diagnosticata nell’ottobre dello scorso anno una neoplasia cerebrale. Ha subito in questi mesi una serie di interventi chirurgici. È ospite, dallo scorso gennaio, del Centro “S. Maria della Provvidenza” di Roma della Fondazione Don Gnocchi.

Angelica, 86 anni, originaria di Maenza (Lt). Contadina per tutta la vita, sposata con un armeno, tre figli, rimasta vedova a 39 anni, è stata presidente dell’Azione Cattolica del proprio paese. Nell’88 il primo intervento per protesi all’anca sinistra, ripetuto per una sostituzione nel ‘93. Nell’agosto dello scorso anno, la caduta con frattura scomposta dell’anca già operata e di varie costole. È in riabilitazione al Centro “S. Maria della Provvidenza” di Roma della Fondazione Don Gnocchi dopo un lungo calvario in varie strutture pubbliche.

Daria, 39 anni, affetta da tetraparesi spastica neonatale, ricoverata fin da piccola presso la degenza diurna del Centro “S. Maria della Pace” di Roma della Fondazione Don Gnocchi.

Pietro, 86 anni, due figli e tre nipoti. Artigiano per tutta la vita, risiede da circa un anno al Centro “S. Maria della Provvidenza” di Roma della Fondazione Don Gnocchi per deficit dell’equilibrio e della deambulazione ed ipotonotrofia muscolare.

Gianluca, 36 anni. Dall’età di 14 anni ha subito vari interventi per meningiomi. È ospite da due anni della RSA del Centro “S. Maria della Provvidenza” di Roma della Fondazione Don Gnocchi.

Stefano, 49 anni, affetto da oligofrenia grave e spasticità in esiti di cerebropatia neonatale. Ha sempre vissuto in famiglia, da due anni risiede alla RSA del Centro “S. Maria della Provvidenza” di Roma della Fondazione Don Gnocchi.

Hamed, 75 anni, originario della Libia, di religione musulmana. Ha lavorato per anni alla Camera del Commercio Italo-Araba. A seguito di un incidente stradale, ha subito gravi danni neurologici. È in riabilitazione al Centro “S. Maria della Pace” di Roma della Fondazione Don Gnocchi.

Giordana, 27 anni, originaria dell’Etiopia. Affetta da tetraparesi spastica in seguito a paralisi cerebrale infantile ed epilessia, risiede da vent’anni al Centro IRCCS “S. Maria Nascente” di Milano della Fondazione Don Gnocchi. Scrive poesie e cura con altri disabili del Centro l’emittente web “Radio Don Gnocchi”. Nel 2002, aveva salutato personalmente Papa Giovanni Paolo II nel corso dell’udienza concessa alla Fondazione nel centenario della nascita di don Gnocchi.

Walter, 59 anni, affetto da sindrome di down. Appassionato di musica e di teatro, dopo la morte dei genitori è rimasto solo con il fratello. Ora la sua casa è il Centro Multiservizi di Legnano (MI) della Fondazione Don Gnocchi.

Fonte, Vita.it.

Foto, La Repubblica.it.

 

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