I martiri dell’olio. Il valore del lavoro e della produzione

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A Gallipoli, in provincia di Lecce, dal XVI al XIX secolo, per 350 anni della nostra storia ci sono stati giovani che morivano per fare dieci bottiglie d’olio lampante prima della scoperta dell’energia elettrica. Incredibile. Ci sono stati luoghi, uomini ed epoche, che indipendentemente, dal guadagno, hanno compreso più di oggi il valore del lavoro: il lavoro come motivo di orgoglio per se stessi e per le proprie famiglie. Un sentimento che somiglia molto alle virtù che i nostri padri ci hanno tramandato, di rispetto, ad esempio, per la patria ove si onorava una famiglia anche sacrificando la vita per il proprio Paese, e non solo con la guerra ma con il sudore della quotidianità, quella stessa patria che oggi viene trattata con superficialità o senza senno. Il cibo, primo diritto della dignità di una persona, associabile al lavoro, soprattutto in una nazione come l’Italia che resta per Costituzione l’unica Repubblica fondata sul lavoro, è legato quindi all’etica. Cibo ed Etica. Ma soprattutto nel caso di Gallipoli resta saldo e profondo il legame tra produzione, lavoro ed etica. Vita e onore in dieci bottiglie di olio lampante.

I FRANTOI IPOGEI NEL SALENTO

A Gallipoli ancora sono visitabili i frantoi ipogei, sotterranei, nelle vie della città. Chi ha acquistato un’abitazione, un palazzo nel centro storico ed ha avuto la fortuna di scoprirvi un frantoio ipogeo ha appreso anche di avere nella propria dimora un bene culturale inestimabile. Taluni hanno deciso di ripristinarne le strutture e di aprire al pubblico questi “musei” della produzione, ad opera di cooperative di giovani che così trovano lavoro anche per pochi mesi nelle estati turistiche e di maggiore affluenza. Il più noto è il frantoio ipogeo nel Palazzo Granafei, in via Antonietta De Pace. Un bene culturale da considerare in un significato che si è perso lungo la strada della nostra civiltà e che in sé rappresenta un bene inestimabile poiché contiene la cultura, l’esperienza, la vita in ogni senso, di molti.

LA STORIA

Per 350 anni, dal XVI al XIX secolo, fino all’arrivo dell’energia elettrica che illuminava le capitali d’Europa in maniera nuova, l’olio lavorato e realizzato dai frantoi di Gallipoli con i torchi calabresi, a ricordo dell’origine della lavorazione dell’olio per ogni uso, è stato quotato in Borsa. Per il tasso elevato di acidità è stato realizzato olio, grasso, non per l’alimentazione se non in piccolissima parte ma destinato alle lampade, tale da delineare un momento così florido che la Puglia riforniva e illuminava gran parte dell’Europa, tra cui città come Parigi, Londra, Berlino, Vienna, Stoccolma, Amsterdam, Oslo. E i residui del filtraggio tra acqua e olio venivano affidati alla città di Marsiglia, che da questa “schiuma” ha realizzato e iniziato a produrre, tra Italia e Francia, il sapone così denominato di Marsiglia, che dunque ha anche origini italiane e di collaborazione proficua tra due paesi europei.

I frantoi ipogei, simbolo dell’artigianato pugliese ed italiano, erano delle grotte sotto terra, delle stanze sotterranee e sotterranee ancora, scavate nel carparo, pietra locale, dove i giovani venivano qui mandati dalle famiglie, in accordo con i loro genitori, non solo per lavorare e guadagnarsi un pezzo di pane ma per nobilitarsi. Nobilitarsi con la fatica è un concetto oggi che sempre più di rado viene usato e che trova poca disponibilità presso i giovani ad occuparsi di tutti i mestieri che “elevano” l’uomo e che possono anche coincidere con i grandi ideali e con quel guardare sempre in alto e pulito.

Qui i ragazzi trascorrevano con orgoglio nove mesi, anche di stenti e di fatiche, per potere produrre olio. Erano al buio o con lampade fioche, scivolavano e si facevano male, mangiavano solo lardo che veniva loro calato da una cavità. Se uscivano vivi erano divenuti ciechi, dal buio alla luce, o con dolori tali per l’umidità che entrava nelle ossa da non potere più lavorare e da essere immobilizzati a vita. Un’esperienza che veniva sempre decisa e mai forzata in seno alla famiglia perché attraverso la lavorazione dell’olio potessero essere eroi per sé, per il loro albero genealogico e rendere famosa la loro terra di Gallipoli.

A PALAZZO GRANAFEI

Il frantoio ipogeo nel Palazzo Granafei è una struttura di circa duecento metri quadrati dove ancora oggi si conservano le originali attrezzature per produrre l’olio lampante, le sale per il deposito delle olive, la stalla per gli animali e il ricovero dei lavoratori. E’ il più visitato.

Una minima parte dell’olio che veniva qui prodotto era destinato all’uso alimentare e per la grossa quantità usato come combustibile per l’illuminazione e per la produzione di sapone.

L’INDULGENZA PLENARIA DI DUE PAPI PER I LAVORATORI DI GALLIPOLI: AI MARTIRI DELL’OLIO

Almeno due Papi della storia, Papa Gregorio XIII e Sisto V, hanno espressamente formulato un decreto di indulgenza plenaria a favore dei lavoratori dell’olio di Gallipoli, i “Martiri dell’Olio”. I giovani venivano perdonati dai Pontefici e dalla comunità ecclesiale per non onorare specificatamente le sante feste, per non recarsi alla Santa Messa la domenica e venivano assolti dai loro peccati per l’onore del loro lavoro a favore della collettività. Colpisce tutto questo anche se si pensa alla forte valenza etica ed alla fermezza degli abitanti di questa terra da cui ricordiamo di recente sono stati proclamati Beati da Papa Francesco gli ottocento martiri di Otranto, vicino a Gallipoli, che pur di affermare il Cristianesimo contro l’attacco saraceno pagarono con la vita.

L’IMPRESSIONE DEI BAMBINI DI OGGI

Bambini, i nostri figli insieme ad altri, hanno assistito alle visite guidate promossi dalle giovani e bravi guide entusiaste nel frantoio sotterraneo. Sono rimasti perplessi, è stato spiegato loro, seppure piccoli come uditori, cosa vogliano dire parole come decoro, dignità, fatica, innalzamento dell’anima, onore per sé, per gli altri e persino il termine Patria. Bene, incredibile, anche questo, i bambini, che hanno sempre una marcia in più, hanno capito e sono pronti, forse in un salto generazionale, a rimboccarsi le maniche.

LA PRODUZIONE E L’OLIO DI RIFERIMENTO

Tale storia di altissimo spessore, testimoniata dalle guide di Gallipoli e dall’affluenza numerosa delle persone nelle strutture, promossa adeguatamente dall’Associazione Gallipoli Nostra, a parte la eccellente visita al frantoio, ci sembra non sia tuttavia seguita da un’attività imprenditoriale nel territorio che possa proseguire questa commovente e formativa tradizione e dare ulteriori opportunità di lavoro ai giovani. Nell’area non esistono attualmente né aziende produttrici di olio con i mezzi moderni in riferimento alla creazione di olio per lampade né riferimenti alimentari di olio genuino per uso alimentare, nonostante la Puglia, come terra storica della dieta mediterranea, sia nota per il suo olio alimentare. Passeggiando per il centro storico ci saremmo aspettati anche qualche forma di pubblicità nei vicoli, destinato ai turisti non per sminuire il pregresso ma per avvalorarlo, dopo tanta fatica per sé e per gli altri. Al frantoio ipogeo non viene consigliato un olio o non vi è un elenco di negozi in cui acquistare olio genuino che caso mai vi si trova senza una progettualità definita.

I VALORI DI UNA VOLTA NELL’OLIO DELLA SALUTE

C’è un olio che, nella tradizione e nel sapore enogastronomico d’un tempo e della salute, rivive la storia di tante famiglie italiane, tutta positiva e della medesima elevatura, ed è l’olio Simply med della Dieta Mediterranea, fatto con i metodi di un tempo, in Calabria con gli antichi e originari torchi calabresi e che per etica, nel commercio, per il diritto di accesso al cibo sano da parte di tutte le famiglie a prezzi contenuti, ci piace associare, nel panorama odierno, anche a questa preziosa terra di Gallipoli che non finisce mai di stupire con le sue tradizioni.

Viviana Normando

Nella foto il giogo e la macina tra gli strumenti antichi di produzione dell’olio a cui venivano legati gli animali nel frantoio ipogeo di Gallipoli.

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