Benedetto XVI proclama sette nuovi Santi nell’Annus Fidei

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Il Santo Padre Benedetto XVI
Il Santo Padre Benedetto XVI

Numerosi cardinali e 400 vescovi di tutto il mondo in Piazza San Pietro, tra i quali 262 riuniti in Vaticano per il Sinodo con il Santo Padre per la proclamazione dei nuovi Santi. Processione, litania dei santi, e poi suono delle trombe, venerazione e incensazione dell’altare, formula della canonizzazione recitata in latino, invocando la Trinità “per l’esaltazione della fede cattolica e l’incremento della vita cristiana”, Te Deum: così la Chiesa cattolica ha sette nuovi santi, appena proclamati dal Papa con un rito solenne, a cui è seguita la messa, davanti a circa quarantamila persone in piazza San Pietro.

Il Santo Padre prosegue con tutti i suoi fedeli nel suo messaggio di Pace.

La prima pellerossa. La canonizzazione è avvenuta all’inizio dell’Anno della fede voluto da Benedetto XVI per rilanciare l’annuncio del cristianesimo al mondo intero, a 50 anni dalla apertura del Concilio Vaticano II. I sette, uomini e donne dai cinque continenti, sono indicati come modello di vita cristiana. Tra loro c’è anche la prima santa pellerossa Kateri Tekakwitha, di padre irochese e di madre cristiana algonchina, che nacque nel 1656 nella località oggi statunitense chiamata Auriesville, e morì in Canada a soli 24 anni. Per la canonizzazione sono, come è tradizione, presenti al rito e lo saranno alla messa, delegazioni istituzionali e politiche dai paesi di origine dei nuovi santi.
La canonizzazione. Dopo che il Papa ha letto la formula di canonizzazione in latino, la piazza ha salutato i sette nuovi santi con un forte applauso, ed è cominciata la processione delle reliquie dei santi, che vengono collocate all’altare insieme ai ceri.

I sette Santi: c’è anche un italiano. Con la pellerossa Kateri Tekakwitha, il Papa ha appena canonizzato l’italiano Giovanni Battista Piamarta, sacerdote bresciano e fondatore della Congregazione della Sacra Famiglia di Nazareth e della Congregazione delle Suore Umili Serve del Signore, vissuto tra il 1841 e il 1913; il francese Jacques Barthieu, professo della Compagnia di Gesù, missionario in Madagascar dove lavorò per la promozione umana della popolazione, e dove fu ucciso nel 1896; il filippino Pedro Calugsod, un catechista ucciso a 17 anni, nel 1672, in un villaggio delle isole Marianne; la tedesca Madre Marianne, al secolo Barbara Cope, suora professa della Congregazione delle Suore del Terz’Ordine di San Francesco di Syracuse, meglio conosciuta come «Madre Marianna di Molokai», dal nome del lebbrosario dove si dedicò coraggiosamente ai malati e perì nel 1918; la tedesca Anna Schaffer, laica, vissuta tra la fine dell’Ottocento e i primi tre decenni del XX secolo, rimasta invalida per un incidente domestico che trasformò la sua immobilità in accoglienza e annuncio del Vangelo; la religiosa spagnola Maria del Carmen, fondatrice delle Suore dell’Immacolata Concezione Missionarie dell’Insegnamento, scomparsa nel 1911, dopo una vita dedicata alla educazione delle ragazze.

Le biografie in breve e l’esempio vocazionale.

Si tratta di tre uomini e quattro donne dei quali le provenienze esprimono l’universalità della Chiesa e nell’Anno della fede le loro diverse testimonianze, assumono un significato particolare e si inseriscono nel cammino tracciato dal Papa con la lettera “Porta fidei”.
Giovanni Battista Piamarta (1841-1913) – È il santo e il padre degli “artigianelli”, dei ragazzi tolti dalla strada e avviati allo studio, al lavoro, alla formazione professionale e cristiana, fino a crearsi una famiglia e un futuro. Oggi gli istituti degli “Artigianelli” sono diffusi in Italia, in provincia di Brescia, e in Brasile, Cile, Angola e Mozambico, grazie alla congregazione della Sacra Famiglia di Nazareth che prosegue l’opera iniziata nel dicembre 1886 da questo sacerdote bresciano, nato da una famiglia povera, che nello svolgimento del suo ministero sacerdotale fece esperienza dei ragazzi abbandonati a sé stessi e senza prospettive. Il suo impegno sociale si estese anche al mondo dell’agricoltura con la realizzazione di una colonia agricola a Remedello (Brescia) al fine di dare vitalità e dignità al mondo agricolo e alleviare la piaga dell’emigrazione. Pensò anche al ramo femminile dell’opera fondando la congregazione delle Suore Umili Serve del Signore. È stato beatificato da Giovanni Paolo II il 12 ottobre 1997.
Marianna (Barbara) Cope (1838-1918) – È la santa dei lebbrosi delle Hawaii. Nata a Heppenheim in Germania e trasferitasi con la famiglia negli Usa, entra a 24 anni nell’istituto delle Suore del Terz’ordine francescano di Syracuse, di cui poi ne divenne superiora generale, dedicandosi all’apostolato, all’educazione dei figli degli emigrati tedeschi e all’assistenza degli infermi. Nel 1883 riceve una richiesta da parte del vicario apostolico delle Hawaii: occorrono infermiere per aiutare padre Damiano de Veuster (santo dal 2009) nell’assistenza ai lebbrosi dell’arcipelago, confinati nel lebbrosario dell’isola di Molikai. La richiesta è pressante, altri istituti hanno dato risposta negativa. Suor Marianna non esita, sceglie sei consorelle tra quelle che si sono offerte e con loro si reca sull’isola, dove in pochi anni ristruttura il lebbrosario, riorganizza i servizi di assistenza e fonda due case per l’accoglienza dei figli dei lebbrosi. Nel frattempo padre Damiano muore, ucciso dalla lebbra. Lei ne raccoglie il testimone proseguendone l’opera e sacrificandosi per trenta anni fino alla morte, sempre con il sorriso sul volto e una carezza per i “suoi” malati, per non farli sentire emarginati. Tuttora è ricordata e venerata nelle Hawaii. È stata beatificata il 14 maggio 2005 dal card. José Saraiva Martins, allora prefetto della Congregazione per le cause dei santi.
Giacomo Berthieu (1838-1896) – Amico sincero del Madagascar e del popolo malgascio, fino al martirio. Si compendia così l’avventura umana e cristiana di questo sacerdote dei gesuiti nato in Francia a Polminhac (è il 51° santo della Compagnia di Gesù). Un’avventura vissuta al servizio della fede in un lungo peregrinare in territorio malgascio, che pure dovette lasciare per brevi periodi perché colpito dai decreti di espulsione delle autorità francesi nei confronti dei religiosi. Ma puntualmente vi fece ritorno per continuare il suo ministero sacerdotale nelle missioni della Compagnia, prodigandosi per oltre venti anni nell’assistenza spirituale e materiale a quelle popolazioni. Catturato da una banda di insorti pagani, fu sottoposto a vessazioni e torture di ogni genere da chi pretendeva che rinnegasse la sua fede cristiana. Il martirio ebbe fine con la fucilazione nel villaggio di Ambiatibe l’8 giugno 1896. È stato beatificato da Paolo VI il 17 ottobre 1965.
Pietro Calungsod (1654-1672) – È il santo catechista-ragazzino, originario delle Filippine, martire della fede a poco più di diciassette anni. Da adolescente aveva frequentato la missione dei Gesuiti impegnandosi nello studio della religione cattolica fino a diventare catechista. In tale veste volle unirsi ai missionari della Compagnia quando questi sbarcarono nell’isola di Guam (attuale arcipelago delle Marianne) per impiantarvi una missione sotto la guida del padre gesuita Diego Luis de San Vitores. Appunto insieme a padre Diego (proclamato beato nel 1985) il giovane catechista troverà la morte nel villaggio di Tomhom per mano di indigeni inferociti ai quali un guaritore aveva fatto credere che i due cristiani usassero acqua avvelenata per battezzare i bambini. Pietro poteva fuggire, ma non lo fece. Si parò davanti al suo superiore per difenderlo, una freccia lo colpì e stramazzò al suolo. Padre Diego fece appena in tempo a impartirgli l’assoluzione che anche lui fu trafitto da una lancia. Furono finiti entrambi con un colpo alla testa, i loro corpi gettati nell’Oceano. Giovanni Paolo II ha proclamato beato il catechista filippino il 5 marzo del 2000. Allora, come ora, tra il caloroso entusiasmo della comunità dei filippini di Roma.
Maria Carmen Sallés y Barangueras (1848-1911) – Conosciuta come Maria del Monte Carmelo. Spagnola, nata a Vich (Barcellona), a sedici anni espresse il desiderio di farsi suora. Dopo esperienze di noviziato in due diverse congregazioni religiose maturò in lei il proposito di dar vita a un istituto per la formazione integrale delle giovani donne sul modello di Maria. Il 15 ottobre 1892, con l’appoggio dell’arcivescovo di Burgos, sede della prima casa, fondò la congregazione che successivamente si chiamerà Religiose Concezioniste missionarie dell’insegnamento. In diciannove anni di intensa attività aprì in Spagna 13 scuole gestite da altrettante comunità di suore, alle quali, prima della morte avvenuta a Madrid, lasciò l’impegno di estendere in altri Paesi la missione da lei iniziata. È stata beatificata da Giovanni Paolo II il 15 marzo 1998.
Caterina Tekakwitha (1656-1680) – È la santa dei nativi americani, dei pellerossa. Ha trascorso parte della sua breve vita nella regione che oggi è lo stato di New York e in parte in Canada. Figlia di una coppia mista, padre irochese pagano e madre algonchina cattolica, rimase orfana a quattro anni a causa di un’epidemia di vaiolo che colpi anche lei e le lasciò tracce sul volto. Adottata dagli zii, dovette subire le incomprensioni dei parenti e dei componenti la tribù che le rimproveravano la sua fede cristiana (aveva ricevuto il battesimo a venti anni, il giorno di Pasqua 1676) e le imponevano il matrimonio. Lei rispondeva che il suo unico sposo era Gesù. Sentendosi ormai respinta e minacciata si rifugiò nella missione dei gesuiti di Sault St. Louis in Canada. Qui spese tutte le sue energie nel lavoro e nella preghiera, facendo catechismo ai fanciulli e assistendo gli anziani e i malati, ricevette la prima comunione e pronunciò il voto di verginità. Le sue malferme condizioni di salute la condussero alla morte quando aveva ventiquattro anni e già era in fama di santità. Beatificata da Giovanni Paolo II nel 1980.
Anna Schäffer (1882-1925) – È la santa della speranza prima perduta poi ritrovata, dell’accettazione del dolore dopo la ribellione, dell’offerta a Dio delle proprie sofferenze nella certezza che anche così si può essere “missionari”. È la storia di questa figlia della Baviera, nata a Mindelstetten, che fin da piccola coltivava il sogno di diventare suora e andare missionaria in terre lontane. Ma Dio dispose diversamente. Prima la morte del padre, e il pensiero per i cinque fratelli e sorelle più piccole da aiutare, poi un incidente nella lavanderia dove lavora le procura piaghe irreversibili alle gambe, rendendola invalida per sempre. Una realtà terribile e insopportabile anche per le anime più forti. E difatti il primo moto di Anna è di ribellione, quasi di avversione a Dio che ha voluto così. Poi attraverso un percorso di riflessione e grazie all’aiuto del suo parroco matura in lei un senso convinto di accettazione e serenità per la nuova situazione. Dal suo letto di dolore sarà la “missionaria” che desiderava, testimonianza di fede incrollabile, per tutte le persone che la vengono a trovare chiedendo, a lei paralizzata, aiuto e sostegno morale. Muore il 10 ottobre 1925 già in concetto di santità. Giovanni Paolo II la proclama beata il 7 marzo 1999.

Fonte: “Il Messaggero.it” quale testata laica – Per le biografie Agensir.

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