Capitali, la fuga facile dall’Italia

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Fuga di capitali dall'Italia

Nascondere un tesoretto all’estero? Con un po’ di circospezione si può. Niente paura: nessun reato penale. Tutto in regola. Basta pagare, se proprio si venisse scoperti, una trascurabile contravvenzione pari al 5% di quanto non dichiarato alle dogane. L’importante è non portarsi dietro più di 250mila euro. E con i venti di crisi e le promesse di rigore fiscale, in tanti ne hanno già approfittato per mettere al riparo dal fisco piccoli grandi gruzzoli.

Non si tratta solo di facoltosi ultramilionari determinati ad aprire un conto cifrato in Liechtenstein. Più semplicemente di piccoli professionisti, artigiani e commercianti, che con la scusa di una gita a Lugano, una crociera ai Caraibi o una vacanza nel lontano Oriente, corrono a depositare contante nei paradisi bancari elvetici, nelle fiduciarie di Hong Kong o nei forzieri esotici del Pacifico.

Il 25 agosto, per citare un caso tra i molti, nello scalo di Fiumicino è stata individuata una coppia diretta in Libano. In due trasportavano 340mila euro in tagli da 50 e 20 euro. Pagata una multa di 16.500 euro hanno potuto raggiungere Beirut con il resto del denaro.

La stagione degli sconti doganali frustra il lavoro degli uomini che presidiano le frontiere. Come fare a sottrarre capitali al fisco, infatti, lo suggeriscono involontariamente proprio le regole che dovrebbero scoraggiare l’esportazione illecita di quattrini. Norme dissuasive solo a parole. Secondo la legge, chi lascia il suolo nazionale, o vi fa ingresso, è obbligato a dichiarare alle dogane il possesso di valuta se eccedente i 10mila euro. Oltre tale importo, «è necessario compilare una dichiarazione – si legge sul sito dell’Agenzia delle dogane –, da sottoscrivere e depositare esclusivamente presso gli uffici doganali al momento dell’entrata nello Stato o in uscita dallo stesso». La mancata dichiarazione costituisce «violazione della normativa valutaria» e dovrebbe comportare «il sequestro amministrativo nel limite del 40% dell’importo eccedente il limite fissato». Il denaro rinvenuto, inoltre, verrebbe restituito «entro cinque anni dalla data del sequestro».

Neanche a dirlo: fatta la legge, trovata la scappatoia. I contravventori intercettati con quattrini oltre i diecimila euro possono, in realtà, estinguere la violazione pagando sul posto solo il 5% della somma oltre franchigia. A patto di non aver nascosto tra souvenir e costumi da bagno una cifra superiore ai 250mila euro.

L’esportazione di valuta non è poi così difficile. E per i più avveduti non c’è neanche reato. Unica accortezza: non farsi scoprire più di una volta in dodici mesi, in quel caso (e solo in quello) scatterebbe la denuncia e una indagine della magistratura.

I dati ufficiali per il 2011 ancora mancano. Alla Guardia di Finanza si parla di almeno 500 casi scoperti solo negli aeroporti, a cui si assommano i 64 interventi dell’Agenzia delle dogane. «È la punta dell’iceberg», assicurano gli addetti ai lavori. L’ultimo episodio è del 9 dicembre. Durante i controlli sui treni diretti in Svizzera, i funzionari hanno individuato due passeggeri che tentavano di esportare illegalmente valuta in contanti per un totale di 101.540 euro. I trasgressori, due fratelli residenti in Lombardia, si sono avvalsi della facoltà di estinguere la violazione facendosi scucire subito il 5% di 91,540 euro, cioè l’importo oltre franchigia: totale 4.577 euro. Per loro nessuna denuncia. Una volta lasciati gli uffici di frontiera hanno proseguito il viaggio verso la Confederazione elvetica, soltanto un po’ più alleggeriti. Nelle valigette erano rimasti 96.963 euro.

La meta più gettonata rimane proprio la vicina Svizzera. Grazie alle norme sull’esportazione di valuta si possono fare evaporare dall’Italia cifre a molti zeri. Una volta raggiunte città come Chiasso o Lugano non sarà difficile trovare un rifugio ai propri valori. «Volete conservare al sicuro i vostri gioielli o i documenti più importanti, al riparo da furti o smarrimenti?», domanda la pubblicità di una banca locale. «Vi proponiamo allora le nostre cassette di sicurezza, situate nel locale del tesoro. La discrezione – viene promesso – è garantita: solo voi conoscete il contenuto».

Si parte dai 100 euro per un caveaux “small”: profondità mezzo metro, larghezza trentacentimetri, spessore appena otto. Di queste dimensioni, però, non se ne trovano più. Gli italiani ne hanno fatto incetta. Non resta che accontentarsi di una cassetta più grande, alta trenta centimetri, per meno di 400 euro all’anno. Molto più conveniente che farsi pelare dal commercialista.

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