Solennità di San Marco 2018: Omelia di Mons. Renzo Giuliano

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Basilica San Marco Evangelista - il Parroco Mons. Renzo Giuliano
Basilica San Marco Evangelista – il Parroco Mons. Renzo Giuliano – Celebrazione Eucaristica presieduta da Sua
Eminenza Rev.ma il Cardinale Edwin Frederick O’Brien, Gran Maestro dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme

a cura della Redazione – Foto Fabio Pignata/

ROMA CRISTIANA BASILICA SAN MARCO EVANGELISTA
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Una solenne Celebrazione Eucaristica, nella Solennità di San Marco, è stata presieduta dal Cardinale Edwin Frederick O’Brien, Gran Maestro dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme. La Basilica di San Marco al Campidoglio era affollata di fedeli romani, a cui si sono uniti un pellegrinaggio dalla Diocesi di Sutri nell’alto Lazio ed il Coro “Center Chorus” di Bassano Romano che ha animato con perfetta bravura i canti liturgici della Celebrazione. Accanto al Cardinale O’Brien concelebravano il Vescovo Ausiliare di Roma Mons. Daniele Libanori che ha portato il saluto del Vicario Generale di Sua Santità, Mons. Angelo De Donatis, già Parroco della stessa Basilica di San Marco e molti altri sacerdoti amici e devoti dell’Evangelista Marco. La felice particolarità di questo evento è stata la presenza di diversi amici “marciani” provenienti da Venezia appositamente per questo giorno di Solennità in Roma, iniziando in maniera evidente quel gemellaggio che è nei voti di tanti. Anche la Fondazione “Paolo di Tarso” ha voluto essere presente con alcuni suoi rappresentanti. Con squisita gentilezza e senso pastorale, il Cardinale ha desiderato che l’omelia fosse tenuta dal Parroco della comunità di San Marco, omelia che vi proponiamo come offerta di partecipazione a quella intensa Liturgia.

Sua Eminenza il Signor Cardinale Edwin Frederick O’Brien
Solennità di San marco Evangelista – Celebrazione Eucaristica presieduta da Sua Eminenza Rev.ma il Signor Cardinale Edwin Frederick O’Brien

OMELIA MONS. RENZO GIULIANO PARROCO DELLA BASILICA DI SAN MARCO EVANGELISTA AL CAMPIDOGLIO
Cari fedeli ed amici di questa Basilica parrocchiale di San Marco al Campidoglio, la Solennità di quest’anno si aggiunge a quella quasi bimillenaria memoria di amore che la Città di Roma e questa comunità hanno espresso all’evangelista Marco da quella data del 336, quando, già prete dell’Oratorio di San Marco, volle istituire il Titulus, una vera parrocchia dentro le mura della Città. All’inizio di quella storia che vedeva la Chiesa, con l’imperatore Costantino, godere di una insperata libertà di fede, la volontà di ingrandire come Chiesa quel memorabile Oratorio, costruito sulla memoria di Marco a Roma, e quindi custodito gelosamente, ha voluto significare la ferma convinzione di una obbedienza ed imitazione del carattere evangelizzatore e missionario, proprio dello spirito dell’annuncio di San Marco evangelista. Si iniziano ad edificare nuovi templi in piena luce non per un trionfalismo di rivalsa, quanto per far venire alla luce e mantenere vivo l’impegno di propagare il Vangelo, attraverso la forza di comunione di vive comunità cristiane e dei mezzi di libertà che le sono concessi. La liturgia di questa Solennità ci dichiara che Marco ha avuto il “dono della predicazione evangelica” (Colletta) e di quella predicazione che, per il mandato di Cristo Signore, deve raggiungere “tutto il mondo” ed “ogni creatura”. La Chiesa, alla sua sorgente, ha da sempre voluto accogliere e realizzare questo impulso di spazi, mai limitati neppure dal tempo delle persecuzioni e nel nascondimento.

il Cardinale Edwin Frederick O’Brien,
Solennità di San marco Evangelista – Celebrazione Eucaristica presieduta da Sua Eminenza Rev.ma il Signor Cardinale Edwin Frederick O’Brien

La Chiesa vive di questo mandato missionario universale.

Il Tempo pasquale ed il Vangelo pasquale di Marco ci radicano nella speranza del cristiano che vive la Risurrezione di Cristo e l’ampiezza irrestringibile della sua vita risorta. E per questo abbiamo ascoltato la predicazione di Pietro, maestro di Marco, che può dire, dopo aver lui stesso fatto l’esperienza addirittura del rinnegamento: “dopo che avrete un poco sofferto, Cristo Gesù vi ristabilirà, vi confermerà, vi rafforzerà, vi darà solide fondamenta” (1 lettura). Pietro, qui, sente tutta la sua vocazione di grazia di essere “pietra” nella Chiesa! Ed egli trasmette al fedele discepolo Marco, chiamato “figlio mio”, questa sicurezza evangelizzatrice con cui, nei secoli, lo stesso Marco ha nutrito la Chiesa. Marco, attento figlio e collaboratore di Paolo e di Pietro, ha saputo mettersi alla loro “scuola”, ed ora, per questa nostra celebrazione solenne, chiediamo che “alla scuola del vangelo impariamo anche noi a seguire fedelmente il Cristo Signore” (Colletta).

La grandezza dei discepoli non eguaglia la gloria dei loro maestri, ma ne mostra il sublime servizio prestato.

Con Marco “discepolo” non dobbiamo avere paura di entrare nell’atteggiamento di coloro che hanno da accogliere, da imparare, da educarsi, da crescere, da fidarsi, da conoscere, da ricercare, da rinascere alla scuola del vangelo con maestri della vita dello spirito che siano capaci, oralmente e per iscritto, di narrare la fede trasmessa. Il Vangelo deve essere una “scuola” con i parametri della vita del mistero di Dio e del linguaggio più profondo degli uomini. Davanti ad uno spontaneismo nei riguardi della fede e ad un soggettivismo di auto interpretazione sganciata da ogni riferimento oggettivo, ecclesiale e magisteriale, per essere fedeli al Vangelo dovremo parlare di una “scuola” che sia segno e  conforto di approfondimento teologico e spirituale, di studio e di quotidiana ricerca, di domande e di acquisizioni profonde e vagliate, di pienezza di motivazioni e di confronto con una inestimabile ricchezza biblica, di  costante formazione intellettuale ed esperienziale. Con Marco, e come lui, lo Spirito Santo ci aiuti a metterci nella condizione di discepoli che sappiano ascoltare e che si educhino all’ascolto delle parole che vengono dall’alto, da quel cielo aperto che permette al Padre di parlare l’unica parola di Verità, che è il Cristo, suo Figlio. San Marco, come ha imparato dalla sua Chiesa di allora, non ha paura fin dall’inizio della sua narrazione di dire subito la fede che lui ha ricevuto e che vuole offrire al mondo di sempre, a partire da quella comunità romana e da quel luogo dell’antico Oratorio alle falde del Campidoglio.

Mons. Renzo Giuliano - e Sua Eccellenza il Vescovo Ausiliare di Roma Mons. Daniele Libanori
Basilica San Marco Evangelista – il Parroco Mons. Renzo Giuliano e Sua Eccellenza il Vescovo Ausiliare di Roma Mons. Daniele Libanori

Quale è il nucleo della fede di Marco?

Da subito Marco infatti confessa: “Inizio del Vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio” (1,1). E registra immediatamente il dovere dell’annunzio del messaggio, fondandolo a partire dal profetismo del grande Isaia: “Come è scritto nel profeta Isaia: “Ecco, io mando il mio messaggero davanti a te” (1,2). Eminenza, la sua presenza e la sua presidenza, che guida questa solenne celebrazione, ci riportano, per l’ufficio che lei ricopre nella Chiesa, al punto iniziale da dove è fiorita l’esperienza cristiana di Marco con la sua famiglia, cioè a Gerusalemme che, come canta il Salmo 86 è il luogo che Dio ama, più di tutte le dimore di Giacobbe, e dove tutti siamo nati e ritroviamo le nostre sorgenti. Marco a Gerusalemme vive la fede familiare; incontra gli apostoli e segue in alcune missioni l’apostolo Paolo; ma da Gerusalemme la fede si incammina, con i passi dei testimoni, sulle vie del mondo e Marco, nome molto comune di allora, giunge a Roma. La tradizione lo vuole ancora ad Aquileia, nell’Istria e nelle zone attuali di Venezia ed in ultimo ad Alessandria d’Egitto là dove il 24 aprile viene martirizzato, morendo il giorno dopo. Così il vangelo di Marco è una testimonianza personale della sua missionarietà evangelica: “Gesù disse loro: «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato” (Marco 16, 15-16).

Con la fede che celebriamo in questa solennità, noi desideriamo andare in tutto il mondo, quello occidentale e quello orientale e portare, al primo, quella autenticità che oggi deve rianimare una fede esausta e paganeggiante, ed al secondo, quella fede che cerchi le vie della pace e della ricomposizione di una umanità solidale, fraterna, lontana dalla violenza. San Marco, anche con la grazia di questa sua Solennità liturgica che con vero amore noi celebriamo, rinsaldi tutti noi nella fede in Cristo e nel suo pasquale Vangelo di pace, l’unico dono di potenza che possa offrire alla costruzione di un mondo redento dall’amore di Dio Padre. Ci ha esortato ora San Pietro: nella grazia di Dio, dataci in Cristo, “in essa state saldi!” (1 Pt. 5, 12) e non possiamo più mancare di speranza perché “il leone della tribù di Giuda, il rampollo di Davide , ha vinto e aprirà il libro ed i suoi sette sigilli” (Apocalisse 5,5). La voce di San Marco, che grida con il suo Vangelo la forza e la regalità di una fede battesimale, sia accolta dal nostro cuore con convinzione rinnovata, fiera e amorevole.

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