Papa Francesco: Santi 800 Martiri di Otranto. Pochi, forse, ricordano il sangue di questi leggendari Eroi della fede in Cristo

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In occasione della VII domenica di Pasqua, dal Sagrato della Basilica Vaticana, il Santo Padre Francesco ha celebrato la Santa Messa con il rito di Canonizzazione dei Beati:

  1. ANTONIO PRIMALDO E COMPAGNI († 1480), martiri;
  2. LAURA DI SANTA CATERINA DA SIENA MONTOYA Y UPEGUI (1874-1949), vergine, fondatrice della Congregazione delle Suore Missionarie della Beata Vergine Maria Immacolata e di Santa Caterina da Siena;
  3. MARIA GUADALUPE GARCÍA ZAVALA, (1878-1963), vergine, cofondatrice della Congregazione delle Serve di Santa Margherita Maria e dei Poveri.

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Gli 800 Santi di Otranto

A cura di Fabio Gallo

VOI LO SAPETE CHI SONO QUESTI 800 EROI OGGI SANTI?
Prima di proporvi le sante parole di Papa Francesco relative a questa speciale Domenica che consola tantissimo sangue versato  dei martiri cristiani che ci hanno difesi dalla violenza musulmana, cari amici, come libera iniziativa di chi scrive (Direttore Editoriale del Gruppo ComunicareITALIA), ritengo sia giusto rammentare chi sono questi 800 martiri di Otranto (Lecce) che hanno dato la vita pur di non abbracciare la fede islamica. Mi chiedo: in fondo, cosa sarà mai abbracciare la fede islamica? E poi, parliamoci chiaro, è gente come noi, nostri fratelli. Perché mai, ad un certo punto, mentre parliamo di Pace, se l’Islam ci dovesse chiedere di abbracciare la sua fede noi, non dovremmo farlo? Oggi difficilmente 800 si troverebbero 800 cristiani, anzi, 12.000 che certi di morire se non lo facessero, non abbraccerebbero la fede islamica. la vita è la vita: non scherziamo! Ecco, forse oggi in molti di noi la fede in Cristo Gesù si è molto affievolita, anzi, diciamo che si è culturalmente adeguata al qualunquismo ad un relativismo che sta rendendo tutti tiepidi. Forse, però, a spiegarci cos’è l’amore per la propria fede che è la nostra stessa storia, la nostra famiglia, le nostre tradizioni, ciò che noi siamo, possono essere proprio questi 800 eroi che oggi hanno trovato la santità. Perchp la santa madre Chiesa ha deciso di canonizzare 800 semplici cittadini, tutti insieme? Perché gli abitanti di una Città intera hanno preferito la morte, piuttosto che abbracciare l’Islam?  Comprendo che molti di noi trovano sconveniente parlare chiaramente della necessità di dovere rispettare e fare rispettare la Fede Cristiana. Per questo chiediamo la testimonianza di San Francesco di Paola ,il Santo della Carità, che ripetutamente invitò re Ferrante ad abbandonare le sue scorrerie di corte per difendere la costa adriatica da un nemico più grande di ogni inciucio della politica locale. Lui, il Santo, sapeva bene che se la politica locale si mostrava debole e indifferente alle grandi questioni, il nemico della fede cristiana, in silenzio, avrebbe trovato il modo di posizionarsi e prendere il governo. Se il re avesse ascoltato l’umile Frate che predisse tutto quanto sarebbe accaduto, tutti quei morti non vi sarebbero stati.
Personalmente, debbo confessare, ammiro e provo profondo rispetto per questa straordinaria figura di eremita che Luigi XI volle alla Corte di Francia per oltre 40 anni. Non solo per la sua misteriosa vita che ne fece il più potente taumaturgo della storia cristiana, bensì per la forza che impresse alla sua testimonianza che individuava nell’Islam il più grande nemico della cristianità di tutti i tempi.
Dove, dunque, cercare la Pace? Tra Donne e Uomini di buona volontà che hanno compreso profondamente gli errori della storia. Essa, però, la Storia è viva. Perché 800 Santi la vivificano e la rendono attuale. Il problema c’è e va risolto in Pace.

PERCHE’ VI FU IL MASSACRO DEGLI 880 INDRUNTINI
“Il giorno 28 Luglio del 1480 una flotta ottomana, forte di 90 Galere che trasportavano 18.000 combattenti islamici, al comando dell’Ammiraglio Achmet pascià, muovendo dal porto di Valona (Albania) si diresse sopra Otranto, l’antica e gloriosa città Greco-Bizantina, che diede per secoli il nome alla Provincia. L’Ammiraglio Achmet, per due volte, fece intimare la resa; ma allo sdegnoso rifiuti degli Idruntini, che, seppur pochi e male armati, non vollero cedere vilmente alla violenza, fece collocare le batterie contro la città e cominciò l’assedio. Dopo 15 giorni di ripetuti e vigorosi assalti dei Turchi, strenuamente respinti dagli assediati, spuntò il giorno – l’11 Agosto – che doveva minare le prove estreme dell’eroico, benché vano, coraggio degli Idruntini, e rischiare l’eccidio dell’infelice Città di Otranto. Di 22.000 abitanti, quanti ne contava allora Otranto, non meno di 12.000, dopo nefandezze che non sono raccontabili, vennero massacrati con orrendi supplizi: tutti gli altri furono condotti in schiavitù. Nella stessa Cattedrale, dopo l’Arcivescovo Pendinelli e il suo Clero con vecchi, donne e bambini si erano raccolti per implorare il soccorso divino nel pericolo che minacciava la loro vita e la loro Fede, fu per primo barbaramente trucidato il venerando Pastore, mentre – dopo celebrato il sacrificio – si svestiva degli abiti pontificali. Dopo di lui tutti gli altri sacerdoti e laici senza riguardo ad età e a sesso.

L’AMMIRAGLIO TURCO VOLEVA CHE RINNEGASSERO CRISTO
Il giorno seguente un bando di Achmet pose fine a quell’orgia di sangue e di libidine comandando che fossero condotti alla sua presenza tutti gli uomini ancora superstiti, che avessero superato l’età di 15 anni.
La tradizione vuole che se ne raccogliessero circa 800.
Quando il pascià li ebbe davanti per mezzo di un “Ulema o ministro dell’islamismo“, tentò di indurli a rinnegare la fede di Cristo, con la promessa di restituire loro le spose, i figli, la libertà e gli averi, qualora abbracciando la religione di Maometto, divenissero sudditi fedeli del Sultano. Ma quall’empio dell’Ammiraglio Achemet non riuscì nella sua impresa sacrilega.

ECCO CHI FU ANTONIO PRIMALDO
Un tal Antonio Primaldo, prendendo la parola a nome di tutti i compagni, protestò energicamente che a nessun costo avrebbero mai rinnegata la loro Fede, aggiungendo che essi erano pronti a perdere la vita piuttosto che tradire la propria coscienza. Tutti ad una voce sola ripeterono la stessa protesta a testimoniare la loro generosità nella fede in Cristo: e tutti indistintamente furono condannati alla pena di morte.

NESSUNO RINNEGO’ GESU’ CRISTO
Il 14 Agosto doveva essere il giorno del trionfo di quella schiera di invitti confessori. Gli 800 Idruntini, divisi a drappelli, seminudi e con le mani avvinte dietro il dorso, vennero condotti dinanzi all’Ammiraglio Achemet, che aveva posto la sua tenda sul colle di Minerva, a circa 300 passi dalla Città. L’orrenda carneficina cominciò dal vecchio e coraggioso Antonio Primaldo al quale venne mozzato il capo. Lo seguirono gli altri: e tutti, nessuno eccettuato, morirono gloriosamente per Gesù Cristo. Da allora in poi quel colle, bagnato dal sangue generoso di tante vittime, CHE OGGI SONO SANTI, lasciando il suo antico nome pagano, prese quello di Monte dei Martiri. In seguito, nel 1540, i nobili e devoti Idruntini, per onorare la santa Memoria di quei gloriosi Testimoni della Fede in Cristo ed a perpetuare il ricordo del vaticinio di San Francesco di Paola, vollero erigere in quel luogo un convento per i religiosi minimi”
Fabio Gallo – Direttore Editoriale Gruppo ComunicareITALIA

Ora, che il sangue di tanta brava gente è ripagato dall’Onore in Paradiso, pubblichiamo di seguito il testo dell’Omelia che il Papa ha pronunciato nel corso del solenne rito di canonizzazione, così come fedelmente riportato dagli atti ufficiali della Santa Sede:

Cari fratelli e sorelle!

In questa settima Domenica del Tempo di Pasqua ci siamo radunati con gioia per celebrare una festa della santità. Rendiamo grazie a Dio che ha fatto risplendere la sua gloria, la gloria dell’Amore, sui Martiri di Otranto, su Madre Laura Montoya e su Madre María Guadalupe García Zavala. Saluto tutti voi che siete venuti per questa festa – dall’Italia, dalla Colombia, dal Messico, da altri Paesi – e vi ringrazio!

Vogliamo guardare ai nuovi Santi alla luce della Parola di Dio proclamata. Una Parola che ci ha invitato alla fedeltà a Cristo, anche fino al martirio; ci ha richiamato l’urgenza e la bellezza di portare Cristo e il suo Vangelo a tutti; e ci ha parlato della testimonianza della carità, senza la quale anche il martirio e la missione perdono il loro sapore cristiano.

Gli Atti degli Apostoli, quando ci parlano del diacono Stefano, il protomartire, insistono nel dire che egli era un uomo “pieno di Spirito Santo” (6,5; 7,55). Che significa questo? Significa che era pieno dell’Amore di Dio, che tutta la sua persona, la sua vita era animata dallo Spirito di Cristo risorto, tanto da seguire Gesù con fedeltà totale, fino al dono di sé.

Oggi la Chiesa propone alla nostra venerazione una schiera di martiri, che furono chiamati insieme alla suprema testimonianza del Vangelo, nel 1480. Circa ottocento persone, sopravvissute all’assedio e all’invasione di Otranto furono decapitate nei pressi di quella città. Si rifiutarono di rinnegare la propria fede e morirono confessando Cristo risorto. Dove trovarono la forza per rimanere fedeli? Proprio nella fede, che fa vedere oltre i limiti del nostro sguardo umano, oltre il confine della vita terrena, fa contemplare «i cieli aperti» – come dice santo Stefano – e il Cristo vivo alla destra del Padre. Cari amici, conserviamo la fede che abbiamo ricevuto e che è il nostro vero tesoro, rinnoviamo la nostra fedeltà al Signore, anche in mezzo agli ostacoli e alle incomprensioni; Dio non ci farà mai mancare forza e serenità.

Mentre veneriamo i Martiri di Otranto, chiediamo a Dio di sostenere tanti cristiani che, proprio in questi tempi e in tante parti del mondo, adesso, ancora soffrono violenze, e dia loro il coraggio della fedeltà e di rispondere al male col bene.

Il secondo pensiero lo possiamo ricavare dalle parole di Gesù che abbiamo ascoltato nel Vangelo: «Prego per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: perché tutti siano una cosa sola; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi» (Gv 17,20). Santa Laura Montoya è stata strumento di evangelizzazione prima come insegnante e poi come madre spirituale degli indigeni, ai quali infuse speranza, accogliendoli con l’amore appreso da Dio e portandoli a Lui con una efficacia pedagogica che rispettava la loro cultura e non si contrapponeva ad essa. Nella sua opera di evangelizzazione Madre Laura si fece veramente tutta a tutti, secondo l’espressione di san Paolo (cfr 1Cor 9,22). Anche oggi le sue figlie spirituali vivono e portano il Vangelo nei luoghi più reconditi e bisognosi, come una sorta di avanguardia della Chiesa.

Questa prima santa nata nella bella terra colombiana ci insegna ad essere generosi con Dio, a non vivere la fede da soli – come se fosse possibile vivere la fede in modo isolato -, ma a comunicarla, a portare la gioia del Vangelo con la parola e la testimonianza di vita in ogni ambiente in cui ci troviamo. In qualsiasi luogo in cui viviamo, irradiare questa vita del Vangelo! Ci insegna a vedere il volto di Gesù riflesso nell’altro, a vincere indifferenza e individualismo, che corrodono le comunità cristiane e corrodono il nostro cuore, e ci insegna ad accogliere tutti senza pregiudizi, senza discriminazioni, senza reticenze, con amore sincero, donando loro il meglio di noi stessi e soprattutto condividendo con loro ciò che abbiamo di più prezioso, che non sono le nostre opere o le nostre organizzazioni, no! Quello che abbiamo di più prezioso è Cristo e il suo Vangelo.

Infine, un terzo pensiero. Nel Vangelo di oggi, Gesù prega il Padre con queste parole: «Io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro» (Gv 17,26). La fedeltà dei martiri fino alla morte e la proclamazione del Vangelo a tutti si radicano, hanno la loro radice nell’amore di Dio effuso nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo (cfr Rm 5,5), e nella testimonianza che dobbiamo dare di questo amore nella nostra vita quotidiana. Santa María Guadalupe García Zavala lo sapeva bene. Rinunciando a una vita comoda – quanto danno arreca la vita comoda, il benessere; l’”imborghesimento” del cuore ci paralizza –, rinunciando a una vita comoda per seguire la chiamata di Gesù, insegnava ad amare la povertà, per poter amare di più i poveri e gli infermi. Madre Lupita si inginocchiava sul pavimento dell’Ospedale davanti agli ammalati e agli abbandonati per servirli con tenerezza e compassione. E questo si chiama: “toccare la carne di Cristo”. I poveri, gli abbandonati, gli infermi, gli emarginati sono la carne di Cristo. E Madre Lupita toccava la carne di Cristo e ci ha insegnato questo modo di agire: non vergognarsi, non avere paura, non provare ripugnanza a “toccare la carne di Cristo”! Madre Lupita aveva capito che cosa significa questo “toccare la carne di Cristo”. Anche oggi le sue figlie spirituali cercano di riflettere l’amore di Dio nelle opere di carità, senza risparmiare sacrifici e affrontando con mitezza, con perseveranza apostolica (hypomonē), sopportando con coraggio qualunque ostacolo.

Questa nuova Santa messicana ci invita ad amare come Gesù ci ha amato, e questo comporta non chiudersi in se stessi, nei propri problemi, nelle proprie idee, nei propri interessi, in questo piccolo mondo che ci arreca tanto danno, ma uscire e andare incontro a chi ha bisogno di attenzione, di comprensione, di aiuto, per portagli la calorosa vicinanza dell’amore di Dio, attraverso gesti di delicatezza, di affetto sincero e di amore.

Fedeltà a Cristo e al suo Vangelo, per annunciarlo con la parola e con la vita, testimoniando l’amore di Dio con il nostro amore, con la nostra carità verso tutti: sono luminosi esempi ed insegnamenti che ci offrono i Santi proclamati oggi, ma che suscitano anche domande alla nostra vita cristiana: Come io sono fedele a Cristo? Portiamo con noi questa domanda, per pensarla durante la giornata: come io sono fedele a Cristo? Sono capace di “far vedere” la mia fede con rispetto, ma anche con coraggio? Sono attento agli altri, mi accorgo di chi è nel bisogno, vedo in tutti fratelli e sorelle da amare? Chiediamo, per intercessione della Beata Vergine Maria e dei nuovi Santi, che il Signore riempia la nostra vita con la gioia del suo amore. Così sia.

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